lunedì 14 dicembre 2009

Punti di vista


Il complottista di sinistra: è talmente megalomane che si auto-organizza gli attentati per avere mano libera per fare leggi fasciste.

Il complottista di destra: ecco! Gli hanno appena detto: "Possiamo colpirti quando vogliamo".

Lo storico: gli è andata bene.

L'anti-italiano: ecco, vedi! A Sarajevo certe cose le facevano meglio!

Il mafioso: nulla saccio.

Il pratico: fortunatamente non ha tenuto il discorso a Dallas.

Il nostalgico: non ci sono più gli italiani di una volta. Quello che fece fuori Sissi, sì che era degno di chiamarsi attentatore.

Il direttore del reparto psichiatrico: non è scappato dalla nostra clinica.

Tettamanzi: 1 a 0 per il Duomo.

L'attentatore: finalmente ti ho beccato Napoleone!

La persona di buon senso: povera Italia.

mercoledì 11 novembre 2009

Telefonate


Il TG1 delle 20 di martedì 10 novembre è cominciato così: "Aiutatemi, sto annegando!"; "Oh dio! Non troviamo più la bambina, il fango l'ha portata via!; "Carabinieri aiuto! La montagna ci sta venendo addosso!". Voci. Voci che, per diritto di splatter, certo non di cronaca, nell'arco di qualche ora, e senza chiedere il permesso ai protagonisti sofferenti, sono passate dal centralino del pronto intervento ai televisori degli italiani. Viviamo in un paese in cui si getta la sofferenza "telefonica" dei poveri cristi sul tavolo in cui ceniamo, e nel quale si fanno leggi per nascondere le conversazioni telefoniche dei potenti. Meglio coccolare l'animo frustrato dell'uomo della strada facedongli "sentire" che c'è chi sta peggio di lui, piuttosto che raccontargli di corruzione e donnine nude in un "altro" paese dove tutti i protagonisti della conversazione la fanno sempre franca, non annegano nella melma.

giovedì 5 novembre 2009

La gioia di una bambina...

Questo video ha avuto l'imperdonabile colpa di avermi strappato delle lacrime vere.


EMBED-Tricked On Halloween - Watch more free videos

Tradizione e crocifisso


Non so se è vero, ma è interessante. Nelle lettere a La Stampa di oggi:

Quell’usanza viene dal fascismo.
Sia detto con tutto il rispetto per l’On. Gelmini, ma non potendo pensare che il Ministro dell’Istruzione non sappia che «alle radici della nostra tradizione» il crocifisso nelle scuole non era proprio presente (neppure ai tempi di Pio IX) ma che è stato introdotto negli edifici scolastici solo con l’avvento del Fascismo, mi sono sentito piuttosto imbarazzato nel leggere l’intervista rilasciata dal Ministro stesso a La Stampa. Non si può non rilevare, inoltre, quanto il sostantivo «tradizione» venga usato spesso a sproposito: soprattutto quando lo si nomina per contrapporsi, comunque, al cambiamento e per mantenere, magari, privilegi acquistati attraverso non sempre confessabili mercificazioni. RENATO PATELLI VERONA

martedì 27 ottobre 2009

Il disinteresse del conflitto


Massimo Gramellini

Che il capo del governo sia venuto in possesso di un video contro Marrazzo non in quanto capo del governo ma nelle vesti di proprietario di un’impresa di comunicazione è qualcosa di cui sembra non essersi accorto nessuno. Nemmeno i suoi oppositori. Avete forse letto una sola dichiarazione indignata o almeno stupita?
Commentavo con tre amici di sinistra la telefonata in cui Berlusconi avverte il governatore del Lazio di un filmato che lo riguarda, dopo averne avuto notizia dai dirigenti della Mondadori ai quali era stato proposto. Il primo amico, tendenza D’Alema, ha detto: stavolta Silvio si è comportato da signore, poteva rovinarlo e invece lo ha risparmiato. Il secondo, tendenza Veltroni: è il presidente del Consiglio, avrebbe dovuto avvertire la polizia. Tesi discutibile, perché presuppone che Berlusconi fosse a conoscenza non solo del video, ma anche del ricatto. Era naturalmente questa l’opinione del terzo amico, tendenza Di Pietro: per lui il premier è all’origine di tutti i mali dell’umanità dai tempi del Diluvio Universale «perché non poteva non sapere». Ma neppure il più ossessivo dei berluscallergici mi ha opposto la semplice osservazione che mi sono sentito fare al telefono da un collega inglese che vota per i conservatori: «Come potete accettare che un primo ministro riceva e usi, anche a fin di bene, informazioni ottenute in virtù del suo ruolo di editore?».
E’ l’ultima, lampante esplicazione del conflitto di interessi. Ma così lampante che nessuno di noi ci ha fatto caso. Provate a pensarci un attimo. I carabinieri ricattatori filmano Marrazzo e provano a vendere il video a un giornale del presidente del Consiglio. Non importa che il presidente del Consiglio abbia evitato di infierire. Resta il fatto che, grazie al suo ruolo di tycoon mediatico, gli era stata offerta la possibilità di distruggere un avversario politico. E pensare che molti fingono ancora di non capire quale differenza passa, ai fini delle regole democratiche, fra il possesso di una fabbrica di frigoriferi e il controllo di una che produce rotocalchi e programmi televisivi.
Ma questo totale disinteresse per i conflitti di interesse rivela anche qualcos’altro. Assuefazione. Ogni cosa, a furia di esserci, finisce per sembrare inesorabile. Mancanza di senso dello Stato, e lo si è appena visto proprio con Marrazzo: tutti scandalizzati dalle sue frequentazioni e non perché si recava agli incontri con l’auto di servizio. Rivela soprattutto disprezzo per le istituzioni. Viene il dubbio che gli italiani sappiano benissimo quali rischi si corrano a consegnare il governo nelle mani di un imprenditore di quel calibro e di quel ramo. Ma è tale il loro disprezzo per i politici di professione che ritengono meno grave truccare il gioco della democrazia che riaffidare le redini della Repubblica allo schema classico, in base al quale il mondo dei media e degli affari condiziona la politica attraverso le lobby, ma non si sostituisce a essa per esercitare direttamente il potere. E un editore, quando riceve un video compromettente, decide in base alle sue valutazioni di editore, non di presidente del Consiglio.

mercoledì 21 ottobre 2009

Aver sempre ragione


Se questo mondo salterà per aria dentro una bomba atomica sarà per vincere una guerra di religione. I preti rimasti, con turbante o papalina, accuseranno: "Avete visto! Tutta colpa della scienza che ha inventato l'atomo!!!"

Triste realtà



Dal blog di Macchianera.

martedì 20 ottobre 2009

Green planet


"Bisogna razionalizzare i consumi per salvare il pianeta!".

Forse è per questo che milioni di italiani vengono obbligati a comprare ed installare un nuovo elettrodomestico, senza il quale non sarebbe soddisfatto il bisogno primario di guardare la tv. Risparmio energetico prima di tutto.


Sarei curioso di vedere le tabelle Enel prima e dopo lo "switch-off".

Basta un piccolo gesto


Questa mattina sono stato spettatore di un gesto che mi ha colpito molto, un gesto semplice, considerabile naturale, ma che diventa speciale quando il gazzettino quotidiano delle cattive nuove riempie la nostra sensibilità di sporcizia.


Stavo passando con la moto nel centro storico di Venaria, vie strette, porfido, bassa velocità. Sul marciapiede a sinistra una mamma ed una nonna stavano sistemando il pupo nel passeggino. Vicino ai tre il nonno, intento ad osservare il mondo. Il passeggino era fermo, intorno al passeggino c'erano due persone a controllarlo, a fianco del passeggino auto parcheggiate, le ruote del passeggino erano parallele alla strada. Eppure, appena il nonno mi vede, allunga di qualche centrimetro la mano a la poggia su uno dei manici del "porta-bimbo". Il messaggio era chiaro: cascasse il mondo questo non si muove di qua.

In quella presa ho visto amore, protezione, futuro, lungimiranza, sicurezza, speranza.


Certo. Il cinico che alberga dentro di me vede subito un gesto estremamente circoscritto: magari quel nonno prende a calci i bambini degli altri, inquina il mondo senza ritegno e chissà quali nefandezze nella sua vita. E' di ieri la notizia del bimbo di 3 anni abbandonato a Torino e di sabato quella del passeggino finito sotto un treno, per fortuna senza conseguenze. Ma oggi voglio pensarla diversamente, e credere che se il mondo è pieno di nonni pronti a proteggere i loro nipoti, allora questa specie ha ancora qualche speranza.

mercoledì 7 ottobre 2009

La fattoria degli avvocati


"Tutti gli animali sono uguali, ma qualcuno è più uguale degli altri."

George "Ghedini" Orwell

Drammi contemporanei


Previsione per domani. Su La Stampa dell'8 ottobre si leggerà di orde di cittadini infuriati perché non riescono più a vedere la televisione e hanno preso d'assalto la Rai. Su trafiletto laterale la dolorosa testimonianza di Alberto Pautasso: "Nella disperazione ho provato ad accendere un libro ma non ho trovato il telecomando".

martedì 6 ottobre 2009

Grilli, Kabul e fiumare messinesi

Qualche giorno fa Beppe Grillo ha attaccato i giornalisti perché, dopo aver annullato la manifestazione per la libertà di stampa a causa dei sei militari caduti a Kabul, non hanno fatto la stessa cosa per gli oltre 20 civili caduti a Messina.


Tralascio lunghi commenti sul tribuno di Genova, giusto in molte battaglie, ma ingiusto quando spara nel mucchio alla stessa maniera dei suoi avversari. Sputa da lungo tempo ormai su un'intera categoria, della quale faccio parte, piena di mele marce ma anche di veri e propri eroi (uccisi da politici e criminali) che mettono a repentaglio la propria vita (vedi Saviano, Politkovskaja e altri) pur di riportare la verità alla gente.


Comunque, in questo caso, Grillo ha visto bene sulla pavidità del sindacato giornalistico, non tanto per aver fatto la manifestazione sabato 3 ottobre, quanto per essersi vigliaccamente allineato al farsesco lutto di Stato indetto per i soldati italiani uccisi.

Questo lungo cappello introduttivo per prendere spunto. Non solo i giornalisti, infatti, sono rimasti impassibili davanti alla tragedia messinese, ma lo Stato repubblicano (che come ho già ribadito è fondato sul lavoro, non sulla guerra) non ha battuto ciglio.

Fatta eccezione per per i soliti proclami miracolosi di Palazzo Chigi ("Faremo come in Abruzzo") non si prevedono lutti nazionali e non vengono pubblicizzate indagini (nel caso di Kabul si parlò di indagini per comprendere chi avesse ucciso gli italiani. Ma chì, diavolo, se non i talebani?!). Timidamente si parla di cementificazione selvaggia, abusivismo e condoni.


Già, perché fare un funerale di Stato e parlare di criminalità quando la causa del dolore sono persone cattive, non italiane, lontane 10.000 chilometri, è facile. Non c'è il rischio di scoprire, come nel caso di Messina, che le case andate giù erano abusive e condonate da questo stesso Governo; che il piano regolatore è stato approvato da un sindaco del tuo partito; che l'ingegnere che ha fatto i progetti, anche lui tessera-munito, ha preso tangenti per farli in un certo modo; che l'incoscienza che ha causato la tragedia fa parte integrante della nostra società, che oggi piange i suoi morti.

Kabul aveva monopolizzato i notiziari, spazzando via escort, veline e omicidi. Messina non ci riesce, perché il lenzuolo di cui è fatta la tragedia non è lindo come quello Afghano, forse non è abbastanza grande. Se venisse utilizzato per coprire lodi e giudici corrotti, lascerebbe scoperte troppe macchie in terra di Sicilia, macchie che non hanno solo sapore mafioso, ma anche romano, di destra e di sinistra.


Caro Grillo, sulla manifestazione del 3 ottobre hai mirato bene. Forse, però, una pistola non ti bastava. Per centrare l'intero problema ti occorreva un cannone.

Off The Wall Episode 1: "Lady Troubles"

Geniale!

giovedì 1 ottobre 2009

high five new york city

Anche in una grande metropoli c'è spazio per un po' di allegra poesia.

Comici inglesi su Berlusconi

Ho i brividi. Mi piacerebbe dirgli di farsi gli affaracci loro, ma con quale faccia tosta, da parte mia...

mercoledì 30 settembre 2009

Sbagliare mira da dio


Non è mia, è trita e ritrita, ma mi fa ridere.

"Caro dio, porca miseria, quando ti ho chiesto di mandare in galera un ultrasessantenne che va con le minorenni, non intendevo Roman Polanski!"

venerdì 25 settembre 2009

Ministero del beauty

Il ministro più bello del mondo, Maria Rosaria Carfagna per intenderci, ha domandato a Repubblica 900mila euro di danni per aver pubblicato note affermazioni di Sabina Guzzanti, nelle quali il nome del ministro più bello mondo compariva nella stessa frase con parole che ricordano la suzione, il premier e, cito testualmente, un uccello (in questo caso non si tratterebbe di volatili).


Insomma, continua l'offensiva del Governo atta ad intimidire i giornalisti italiani. Offensiva che non crea altro che nervosismo visto che non esiste giudice (sono tutti comunisti) che potrebbe mai condannare un giornale per aver posto delle domande ad un esponente politico o per aver riportato dichiarazioni di terzi nel corso di un evento "pubblico".


Invece di far partire inutili querele che non fanno altro che peggiorare la situazione dei già intasati tribunali, il ministro più bello del mondo potrebbe sfatare dubbi e malelingue illustrando punto per punto, in conferenza stampa, il proprio curriculum.

Finalmente sapremmo quali meriti e capacità, oltre a quello di ministro più bello del mondo, le hanno valso una poltrona ministeriale in una nazione che ama pensare di se stessa di essere fra le più importanti, libere e democratiche del mondo.

ps. Che fine hanno fatto le intercettazioni citate dal mai querelato Paolo Guzzanti?

giovedì 24 settembre 2009

Silviobama Barlusconick


Berlusconi alle Nazioni Unite: "Obama ha parlato con il cuore, con grande slancio ideale, ha espresso sentimenti speranze traguardi che io condivido e che avrei voluto qui proporre, ma a questo punto rinuncio...».

Credo che andando ad esaminare le scarpe "taccate" del premier dovremmo trovare ancora della terra proveniente dal ranch del grande amico, di intenti ed ideali, George Walker Bush Junior.

mercoledì 23 settembre 2009

Una storia italiana




Berlusconi non vuole che si parli della sua vita privata. Qualcuno lo ha già ricordato, vero, che fu lui stesso a mandare a casa degli italiani un volume che parlava della sua vita privata? Domanda scontata: due pesi e due misure?

martedì 22 settembre 2009

Disinformazione


Ieri la propaganda governativa, che dal balcone di "piazza del Tg1" spiattellava intorno alle 20 la propria retorica sulla strage di Kabul, raccontava "la verità" sulla giornata di lutto. Mentre tra gli intervistati non c'era dissenso alcuno, per quanto riguarda l'infinito risalto dato all'intera faccenda, la giornalista si affrettava a ricordare che "l'Italia tutta" era unita nel dolore e, alle 11, le saracinesche dei negozi erano state abbassate in ogni città. Commette l'errore di elencare le città nelle quali la partecipazione è stata più forte: tra queste c'è Torino.

Evidentemente la giornalista romana, che si è limitata a ripetere la velina che le è stata passata, non poteva sapere che il lunedì mattina, per Torino, è un momento di saracinesche chiuse, altro che abbassate.

Inoltre viene bellamente smentita oggi, a pagina 66 della cronaca cittadina de "La Stampa" dove, nell'articolo "Torino aperta per lutto", Luciano Borghesan scrive:

"Alle ore 11 avrebbe dovuto esserci il raccoglimento di tutto il Paese per significare il dolore comune per questa pesantissima tragedia, invece non si sono visti segnali di particolare attenzione. In centro i negozi non hanno accennato ad abbassare le serrande, sarebbe bastato il tempo di un minuto, con le saracinesche a mezza altezza, invece.... Forse non è stata sufficiente l’informazione alle categorie degli esercenti, sta di fatto che la vita commerciale è proseguita, pur a rilento, come ogni lunedì quando molte attività osservano il riposo."

La prima vittima del liberticidio è la verità.

lunedì 21 settembre 2009

Articolo 1 - L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro.


Mercoledì scorso ho avuto la fortuna di visitare il Museo Diffuso della Resistenza di Torino. Il giorno successivo sei soldati italiani sono saltati per aria.

Con grande sconcerto mi sono accorto che i notiziari del Ventennio dell'Istituto Luce, visti e ascoltati durante la visita, assomigliano in modo disarmante ai tg che in questi giorni hanno parlato di Kabul.

Non è questione di paese governato dal Pdl pseudo fascista perché il paese governato dal Pd pseudo democristiano avrebbe fatto uguale.

Eppure il ministro La Russa che mi parla del supertank Lince, orgoglio della tecnologia italiana che ha salvato i soldati sopravvissuti, e che presto verrà sostituito dall'ancora superiore Freccia, è tanto identico allo speaker della propaganda di 80 anni fa che, sulle immagini di operai Fiat al lavoro per costruire i carri armati dell'impero, esaltava lo sforzo militarista italiano.

Sono cinque giorni che non si parla d'altro se non dei caduti di Kabul. Oggi la radio ha stravolto i propri palinsesti perché nel giorno dei funerali non può scappare una risata. Presto ne faremo degli eroi.

Ma questa non era una Repubblica fondata sul lavoro? Il lavoro ne ammazza in Italia quotidianamente. Insomma, per la Costituzione dovremmo fare un funerale di Stato dietro l'altro per i manovali morti nei cantieri e per gli operai schiacciati sotto le presse. Invece si celebrano solo i soldati, incostituzionalmente, visto che questa Nazione ripudia la guerra (Art. 11 - L'Italia ripudia la guerra...).

Mi si potrà dire che UN operaio che muore non tocca i cuori come SEI soldati che muoiono. A Torino abbiamo avuto la tragedia della Thyssen. Se non ricordo male sono morti SETTE operai. Eppure questo numero è valso "solo" un lutto cittadino. Lo Stato non ci ha badato.

Dispiace, e molto, per i caduti di Kabul. Queste parole non vogliono essere una mancanza di rispetto per la loro morte e per i loro famigliari. Erano lavoratori morti sul posto di lavoro, quello del soldato. Queste parole vogliono denunciare questo pseudonazionalismo da operetta che alla fine sappiamo dove porta: all'invasione di un paese sfigato come la Libia e all'occupazione, per fortuna, del territorio nazionale da parte di americani ed inglesi.

venerdì 18 settembre 2009

Questione di indole


I Tg americani censurano le bare dei loro caduti (ed è grave).

I Tg italiani dedicano intere edizioni ai caduti, ai politici che parlano dei caduti, alle lacrime dei famigliari dei caduti, alle opinioni di opinionisti che non conoscevano i caduti, ad altri politici che parlano dei caduti, al dramma vissuto dai commilitoni, ma anche "amici", dei caduti, al conteggio dei caduti dall'inizio delle varie missioni di pace(???).

Nel totale rispetto del dolore dei famigliari dei soldati uccisi a Kabul, ritengo che il modo in cui questi drammi vengono trattati dai mezzi d'informazione rispecchi l'indole di un popolo e dei suoi governanti.

E intanto il mondo del lavoro del Belpaese(???) ne ammazza più del fucile talebano...

Cross Country Timelapse

Da San Francisco a Washington in 4 minuti.

Fonte Happyblog

Esc

Dedicato agli amici nerd.

Fonte: Happyblog

mercoledì 16 settembre 2009

Domande e domande



Rispondere a queste è più facile che a quelle di Repubblica.

La vignetta è stata presa dal blog di Macchianera.

plane: 0 gravity

Forse non esistono gli elefanti volanti, ma i cani volanti sì!

Ai posteri


Berlusconi, 15 settembre 2009: "L'Udc pensa agli assessori e alle clientele".


Casini, 15 settembre 2009: “Siamo clientelari? Allora nessuna alleanza con il Pdl”.

Prendo nota per il futuro. Di solito la loro incoerenza è mascherata dalla nostra memoria corta.

lunedì 14 settembre 2009

Axel F Human Version

Dopo il tributo a John Williams ecco il tributo a Beverly Hills Cop.

Riccardo Barenghi - Quella rete che spaventa il premier - La Stampa 14 settembre 2009



Il problema a questo punto è piuttosto chiaro: non è Ballarò, non è Vespa o Floris, non è un giornale «sovversivo» che fa domande, non sono le inchieste o le interviste o i commenti della stampa e della televisione che danno fastidio al nostro premier, e che lui spesso e volentieri taccia di calunnia. Il problema è molto più profondo: Berlusconi appare allergico a qualsiasi mezzo e messaggio di comunicazione che non sia allineato con la sua realtà. Che poi sarebbe il suo governo, la sua «politica del fare», le cose che sostiene lui presentandole come verità assolute. Il caso esploso ieri, ossia lo spostamento del programma di Giovanni Floris (non certo un programma estremista) per lasciare spazio a un’edizione speciale di Porta a Porta che documenti la consegna delle prime case ai terremotati d’Abruzzo, ovviamente da parte del premier, è solo l’ultimo di una serie infinita di pressioni, querele, avvertimenti che in queste ultime settimane si sono talmente moltiplicati da far sorgere in una parte dell’opinione pubblica il timore che in Italia sia a rischio addirittura la libertà di stampa. Fesserie, hanno risposto in coro tutti gli esponenti del governo e della maggioranza, in Italia non c’è alcun rischio per l’informazione.
Se così fosse, e noi saremmo felici di crederci, qualcuno ci dovrebbe spiegare perché il capo del governo decide di querelare Repubblica e l’Unità (una mossa che suona come un avvertimento anche per tutti gli altri. Perché i programmi non allineati non riescono a cominciare, chi non viene garantito nella tutela legale (Report di Milena Gabanelli), chi non ottiene la squadra di tecnici storicamente dedicata (AnnoZero di Michele Santoro), chi non sa che fine farà (Parla con me di Serena Dandini e Che tempo che fa di Fabio Fazio). E infine perché viene improvvisamente cancellata la prima puntata di Ballarò per lasciare spazio a una sorta di celebrazione agiografica del premier che ricorda i cinegiornali di un’epoca remota.
Attenzione, qui nessuno pensa (almeno non noi) che alle porte ci sia un nuovo fascismo, tuttavia la sensazione che l’informazione sia sotto pressione è netta. Una sensazione, anzi ormai un’evidenza, che preoccupa eccome. Tanto più quando è ormai chiaro che la maggioranza politica che ha stravinto le elezioni non è più una falange macedone, unita e coesa, forte e determinata, che quindi non ha nulla da temere. L’impressione invece è che ci troviamo di fronte un governo forte sulla carta ma con una coalizione che va avanti in uno stato di permanente fibrillazione. Con un premier sempre più nervoso e preoccupato, che non tollera critiche e distinguo. E allora viene quasi da rimpiangere quel Berlusconi sicuro di sé, che non aveva paura di niente: tantomeno di qualche programma televisivo.

martedì 8 settembre 2009

Zen



Un grazie a Happy blog.

Metafisico



Un grazie a Happy blog.

Libera libertà di stampa in libero Stato

In primavera il "noto comunista" Mario Calabresi è diventato direttore de La Stampa. Oggi, in prima pagina, c'è un articolo di Michele Brambilla, vicedirettore de "Il Giornale". La stampa italiana rimane salda nelle mani dei... soviet...

lunedì 7 settembre 2009

Ottocento, opera popolare. Il martirio di Otranto (e del pubblico)


"Ho visto cose che voi umani non potete immaginare". Fino al 9 agosto 2009 ho creduto che la cosa più imbarazzante che potesse capitare ad una persona fosse fare scena muta ad un colloquio, fare una battuta e rendersi conto che nessuno ride, o peggio, rimanere nudo in pubblico. Poi per mia fortuna, o sfortuna, il suddetto giorno mi sono recato nel fossato dei bastioni di Otranto a vedere "Ottocento, opera popolare. Il martirio di Otranto".

L'opera, tratta dal libro "L'ora di tutti" di Maria Corti, narra in chiave romanzata un terribile fatto storico del quale la popolazione di Otranto è stata sfortunata protagonista nel 1480. Maometto II ha deciso di conquistare la città, re Ferrante d'Aragona e l'arcivescovo Francesco De Arenis abbandonano Otranto al proprio destino. Dopo un breve assedio di 14 giorni gli otrantini capitolano. I sopravvissuti avrebbero salva la vita se si convertono all'islam, ma rifiutano. Ecco dunque gli 800 martiri di Otranto.

Le premesse

- il nome di Franco Battiato domina incontrastato, a garanzia di qualità, sui manifesti sparsi ovunque quale supervisore artistico dell'evento;
- la location è assolutamente affascinante. Quale scenografia migliore delle mura di Otranto per ascoltare rapiti una storia avvenuta proprio lì 530 anni prima?
- il prezzo del biglietto. Sembra una banalità, ma nella società del capitalismo anche questo è un modo di valutare la bontà di una merce. 25 euro in tribuna, 40 in platea.



Il risultato

La scenografia è spettacolare. Appena trovato posto sulla tribuna si rimane rapiti dalla location: le alte mura sulla destra, il chilometrico palco con scale e salti completamente bianco, l'orchestra che si prepara giù in basso. Sarà sicuramente una gran serata.

Il primo allarme è l'opuscoletto che viene distribuito all'entrata. A memoria, non l'ho sotto mano, devo averlo cestinato da tempo, una ventina di pagine che spiegano la nascita dell'opera, raccontano la storia, illustrano gli atti e ci presentano i protagonisti davanti e dietro le quinte con toni entusiasmanti.
Se non ricordo male il primo refuso è nel titolo, seguito da almeno 5-10 nelle prime due pagine. La prima cosa che viene in mente è il "pressapochismo" di un'organizzazione che ti chiede 25-40 euro ma non trova il tempo, o non ha la capacità, di leggere con attenzione la presentazione del proprio spettacolo.

Comincia l'evento ed è grandioso. Sul palco ci sono almeno 100 persone che camminano e ballano. Si muovono in ogni direzione percorrendo i 50 per 100 metri di palco nella loro completezza. Questa è la Otranto del 1480, una città pulsante dove i pescatori pescano, i preti sfilano in processione, i bambini corrono, le donne rammendano le reti, le guardie controllano.

Poi cominciano a cantare. Tralasciamo qualche inevitabile "stecca", si sa, l'emozione, ma chi ha scritto i testi? Li han buttati giù in una sera con una birra in mezzo al tavolo del pub? Sono imbarazzanti. E la storia? Una telenovela di pescatori e mogli nella quale il fatto storico arriva duro come una sciabolata solo alla fine dell'interminabile noia.
Il massimo, o minimo, si è toccato quando il capitano Zurlo (l'unico spagnolo rimasto a combattere per difendere Otranto) incontra il re in un flashback. Il re canta come Pavarotti, Zurlo come Ramazzotti.
Capisco che Battiato, o il regista Fredy Franzutti, abbiano volutamente osato mescolando fra loro diverse tipologie e diversi stili dello spettacolo, mettendo insieme musica pop e lirica, danza moderna con danza classica. Ma il risultato non è stato un melting pot, si è rivelato una zuppa.

Altro momento esaltante l'arrivo dei turchi. Circa 50 culturisti scendono dalle scale in branco privi di ogni nozione di recitazione. Comprendo la difficoltà di trovare 50 comparse che a petto nudo facciano concorrenza a Mister Universo e sappiano stare su un palco, ma un po' di prove le hanno fatte? Il regista c'era?

Il limite della regia, o forse della recitazione, si fa palpabile nella scena in cui, i turchi in città, la protagonista Idrusa si toglie la vita per sfuggire ad uno stupro. Ho chiesto a chi era con me. Nessuno aveva capito si trattasse di uno stupro (un evento che richiede una certa drammaticità per essere rappresentato). L'avevo capito solo io che avevo letto il succitato libretto prima che cominciasse la rappresentazione.



Il gran finale

Qui ci ricolleghiamo all'incipit di questo post. Un attimo di sconcerto e il pubblico capisce che l'opera è finita. Mentre le comparse fanno il loro ingresso per prendere i primi applausi parte della tribuna si sta già dando alla fuga. Gli ingressi sono almeno sei, forse sette. Entrano le comparse e si fermano, i coprotagonisti e rimangono lì, i protagonisti etc. Ogni volta, mentre la tribuna e la platea sono sempre più vuote, un applausino soffocato cerca di venir fuori. Quando compare anche il regista sono ormai rimasti solo i fischi. Sull'immenso palco c'erano "100" persone e applaudivano solo quattro gatti, mentre tra le persone che uscivano si sentivano commenti iracondi di chi, attratto dal nome di Battiato, aveva percorso anche 200 chilometri (da Bari) per venire a buttare 40 euro (a testa) in quel di Otranto. Io ero imbarazzato per gli attori sul palco.

Cosa salvo

I balletti e le proiezioni sui bastioni (affascinanti opere di Nino della Notte).
Quando percorrendo il budello di Otranto ho letto la targa "Piazzetta Capitano Zurlo" sapevo chi fosse.

Cosa non salvo

Tutto il resto. Uscendo si ha la sensazione di essere stati derubati. E Battiato ha davvero partecipato alla creazione dell'opera? L'ha vista la prova generale? Non posso credere abbia messo il suo nome su questa cosa a cuor leggero.

venerdì 4 settembre 2009

Stop Playing Homework and Do Your Video Games - A Video Game Quintet

Scoperto l'anello mancante fra John Williams e videogiochi!

Portavoce di cosa?





La polemica con l’Italia resta calda. Il ministro degli Esteri Frattini ha difeso il premier affermando che «se la Commissione è un organo politico, devono parlare i politici e non i portavoce». da "La Stampa" di venerdì 4 settembre 2009.

Il ministro Frattini dimostra che la sua visione della politica è esattamente quella della "videocrazia" italiana. I politici passano il tempo davanti alle telecamere, e non nelle Camere, parlando senza soluzione di continuità di interventi che verranno fatti, leggi che stravolgeranno la nostra vita, giri di vite. E come ben sappiamo alla fine rimane tutto uguale a prima.
E i portavoce cosa dovrebbero fare? Quelli del premier Berlusconi lo sanno bene: evitare che egli parli, perché ogni volta che parla ne consegue una smentita o un fraintendimento.
E quelli del ministro Frattini? Forse telefonano a casa per raccontare cosa hanno fatto in giornata. Giammai un "portavoce" dovrebbe parlare coi giornalisti.

Sempre su "La Stampa" odierna è riportato che, quando era commissario UE, il ministro Frattini aveva ben "tre" portavoce, non uno. Passavano le giornate a giocare a ramino?

mercoledì 29 luglio 2009

Random Acts: SINGING your McDonalds order!! (WATCH THIS)

Il McDonalds è spartano e il suo menu veleggia a mille miglia dalla salutare dieta mediterranea. Chi ci mangia se la passa discretamente, ma chi sta dall'altra parte del bancone? C'è chi gli ha dedicato una canzone.

venerdì 24 luglio 2009

lunedì 6 luglio 2009

Valzer con Bashir


Non c'è nulla di nuovo in quest'opera di Ari Folman. C'è la follia della guerra già vista in Comma 22 o in Apocalypse now. C'è l'assurdità della guerra già vista in Full Metal Jacket o in Platoon. C'è la storia della guerra in Libano, senza rivelazioni, senza colpi di scena. Della strage di Sabra e Chatila sappiamo già tutto quello che hanno voluto farci sapere.
Eppure questo film ha catturato la mia attenzione. Azzeccatissima la narrazione per il tramite del fumetto. Avvolgenti le musiche, in grado d'incorniciare splendidamente il dramma raccontato. Interessante la storia del soldato Ali Folman che, proprio a causa dell'orrore della guerra, ha perso la memoria dell'orrore della guerra.
Già visto altrove, certo, ma il film è bello e ne consiglio la visione.

venerdì 3 luglio 2009

NEW CAT VIDEO!! An Engineer's Guide to Cat Yodeling (with Cat Polka)

Un video per chi ama i gatti, per chi ama gli ingegneri, per chi odia gli ingegneri, per gli ingegneri e per gli ingegneri che amano i gatti e i gatti che amano gli ingegneri. Al timone: 2 folli che amano i gatti, e probabilmente sono ingegneri.

mercoledì 1 luglio 2009

Le ragioni per le quali l'"incidente???" di Viareggio....... potrebbe essere un attentato?


Chi può guadagnarci dalla disgrazia in questione? Andando a leggere i quotidiani odierni, ovunque campeggia l'allarmismo: ferrovie insicure, gpl pericoloso, bombe a orologeria che passano fra le nostre case mentre dormiamo tranquilli, ormai non più.

Allora, la tragedia porterà acqua al mulino di:
1- Petrolieri, che possono così sostenere che il gpl e più pericoloso della benzina.
2- Appaltatori governativi, che potranno certamente partecipare al necessario ammodernamento della rete ferroviaria.
3- Giocatori di borsa, che potrebbero approfittare dell'ennesimo crollo delle azioni FFSS per la sua definitva privatizzazione (e noi paghiamo).
4- Estremisti NO TAV, che possono gridare: "Tutti i soldi spesi nello specchietto per le allodole TAV potevano essere spesi nella sicurezza dei trasporti".

Qualcuno ha altre idee? L'importante non è sapere se si è paranoici, ma quanto si è paranoici.

lunedì 29 giugno 2009

OBLIVION - Cazzottissima - La Canzone del Sole

Avevamo già visto gli Oblivion alle prese con Manzoni. Questa volta fanno a pezzi, ottenendo un prodotto altrettanto valido, La canzone del Sole di Battisti.

«Scappo. Qui la ricerca è malata»

Cervelli in fuga - Rita Clementi, 47 anni, 3 figli: sistema antimeritocratico
«Scappo. Qui la ricerca è malata»
Lettera della precaria che scoprì i geni del linfoma

Una laurea in Medicina, due spe­cializzazioni, anni di contratti a termine: borse di studio, co.co.co, consulenze, contratti a progetto, l’ultimo presso l’Istituto di geneti­ca dell’Università di Pavia. Rita Cle­menti ( foto a sinistra), 47 anni, la ricercatrice che ha scoperto l’origi­ne genetica di alcune forme di lin­foma maligno, in questa lettera in­dirizzata al presidente della Re­pubblica Napolitano racconta la sofferta decisione di lasciare l’Ita­lia. Da mercoledì 1˚luglio lavorerà come ricercatrice in un importan­te centro medico di Boston.

Caro presidente Napolitano, chi le scrive è una non più giovane ricercatrice precaria che ha deciso di andarsene dal suo Paese portando con sé tre figli nella speranza che un’altra nazione possa garantire loro una vita migliore di quanto lo Stato italiano abbia garantito al­la loro madre. Vado via con rab­bia, con la sensazione che la mia abnegazione e la mia dedi­zione non siano servite a nulla. Vado via con l’intento di chie­dere la cittadinanza dello Stato che vorrà ospitarmi, rinuncian­do ad essere italiana.

Signor presidente, la ricerca in questo Paese è ammalata. La cronaca parla chiaro, ma oltre alla cronaca ci sono tantissime realtà che non vengono denun­ciate per paura di ritorsione perché, spesso, chi fa ricerca da precario, se denuncia è auto­maticamente espulso dal «siste­ma » indipendentemente dai ri­sultati ottenuti. Chi fa ricerca da precario non può «solo» contare sui risultati che ottie­ne, poiché in Italia la benevo­lenza dei propri referenti è una variabile indipendente dalla qualità del lavoro. Chi fa ricer­ca da precario deve fare i conti con il rinnovo della borsa o del contratto che gli consentirà di mantenersi senza pesare sulla propria famiglia. Non può per­mettersi ricorsi costosi e che molto spesso finiscono nel nul­la. E poi, perché dovrebbe adi­re le vie legali se docenti dichia­rati colpevoli sino all’ultimo grado di giudizio per aver con­dotto concorsi universitari vio­lando le norme non sono mai stati rimossi e hanno continua­to a essere eletti (dai loro colle­ghi!) commissari in nuovi con­corsi?

Io, laureata nel 1990 in Medi­cina e Chirurgia all’Università di Pavia, con due specialità, in Pediatria e in Genetica medica, conseguite nella medesima Uni­versità, nel 2004 ho avuto l’onore di pubblicare con pri­mo nome un articolo sul New England Journal of Medicine i risultati della mia scoperta e cioè che alcune forme di linfo­ma maligno possono avere un’origine genetica e che è dun­que possibile ereditare dai geni­tori la predisposizione a svilup­pare questa forma tumorale. Ta­le scoperta è stata fatta oggetto di brevetto poi lasciato decade­re non essendo stato ritenuto abbastanza interessante dalle istituzioni presso cui lavoravo. Di contro, illustri gruppi di ri­cerca stranieri hanno conferma­to la mia tesi che è diventata ora parte integrante dei loro progetti: ma, si sa, nemo profe­ta in Patria.

Ottenere questi risultati mi è costato impegno e sacrifici: mettevo i bambini a dormire e di notte tornavo in laboratorio, non c’erano sabati o domeni­che...

Lavoravo, come tutti i precari, senza versamenti pen­sionistici, ferie, malattia. Ho avuto contratti di tutti i tipi: borse di studio, co-co-co, con­tratti di consulenza... Come ul­timo un contratto a progetto presso l’Istituto di Genetica me­dica dell’Università di Pavia, fi­nanziato dal Policlinico San Matteo di Pavia.

Sia chiaro: nessuno mi impo­neva questi orari. Ero spinta dal mio senso del dovere e dal­la forte motivazione di aiutare chi era ammalato. Nel febbraio 2005 mi sono vista costretta a interrompere la ricerca: mi era stato detto che non avrei avuto un futuro. Ho interrotto una ri­cerca che molti hanno giudica­to promettente, e che avrebbe potuto aggiungere una tessera al puzzle che in tutto il mondo si sta cercando di completare e che potrebbe aiutarci a sconfig­gere il cancro.

Desidero evidenziare pro­prio questo: il sistema antimeri­tocratico danneggia non solo il singolo ricercatore precario, ma soprattutto le persone che vivono in questa Nazione. Una «buona ricerca» può solo aiuta­re a crescere; per questo moti­vo numerosi Stati europei ed extraeuropei, pur in periodo di profonda crisi economica, han­no ritenuto di aumentare i fi­nanziamenti per la ricerca.

È sufficiente, anche in Italia, incrementare gli stanziamenti? Purtroppo no. Se il malcostu­me non verrà interrotto, se chi è colpevole non sarà rimosso, se non si faranno emergere i migliori, gli onesti, dare più soldi avrebbe come unica con­seguenza quella di potenziare le lobby che usano le Universi­tà e gli enti di ricerca come feu­do privato e che così facendo distruggono la ricerca.
Con molta amarezza, signor presidente, la saluto.

Rita Clementi
29 giugno 2009

venerdì 19 giugno 2009

Noemigate: parte seconda

Oggi la Pravda (Il Giornale, per chi mancasse di senso dell'umorismo o per chi avesse rimosso la storia precedente al 1989) pubblica in prima, in quarta e in quinta pagina, le gigantografie del servizio fotografico in lingerie di Patrizia D'Addario, la gola profonda (non ci sono doppi sensi) di quello che, come ad altri, mi piace definire il "Noemigate parte seconda". Il fine, per proteggere la reputazione sempre più pecoreccia del nostro premier, è naturalmente quello di screditarla facendola passare per una "mignotta qualunque", una per niente attendibile perché donna di facili costumi.



La macchina propagandistica del capo del Governo è formidabile: nel giro di 24 ore ha censurato l'inchiesta di Bari sui Tg nazionali, ha rigirato la frittata mettendo Massimo D'Alema al centro di tutto, e sul quotidiano governativo ha pubblicato 10 pagine di ricostruzioni che incensano il premier infangando i suoi accusatori.

Quello che mi colpisce è soprattutto la presunzione con la quale si muove il miglior ufficio stampa d'Italia: è sicuro di rivolgersi a dei babbei incapaci di fare 2+2. E forse ha ragione.

Basta digitare "Mara Carfagna" su Google per trovare una serie di fotografie di tette e culi più lunga del curriculum governativo della ministra e del book osé della D'Addario. Ma sì sa: la D'Addario è una zoccola, la Carfagna è "il più bel ministro del mondo".



Vogliamo trovare un colpevole per questa situazione: non cerchiamo in parlamento, cominciamo guardandoci allo specchio.