mercoledì 20 giugno 2007

Se sento ancora qualcuno lamentarsi dei politici...

La Repubblica, 20 giugno 2007

BARBARA ARDÙ
ROMA - Va bene il genio italiano, ma questi sono miracoli. Nel Belpaese ci sono lavanderie con due lavatrici, che però ne ammortizzano quattro. Ristoranti con cucine fantasma, ne hanno due, ma ne portano in ammortamento quattro. Farmacie con tre scaffalature, che nella dichiarazione dei redditi alla voce ammortamento, diventano cinque. Miracoli all´italiana? No, miracoli dell´evasione, venuti a galla spulciando tra gli studi di settore relativi al 2006 (redditi del 2005) e presentati oggi a Roma dal viceministro Visco. Si scopre così che 100mila imprese hanno dichiarato un valore dei beni strumentali necessari alla loro attività inferiore di quanto poi hanno portato in ammortamento. Il giochino è uno dei tanti che alcune categorie del lavoro autonomo sono andate affinando dal 1999, anno di nascita degli studi di settore. Lo hanno fatto per aggirare quegli indicatori di normalità economica che stabiliscono quanto dovrebbe guadagnare un´impresa date certe basi di partenza. D´altra parte meno del 40 per cento dei contribuenti ha aderito agli studi di settore (che non sono obbligatori). Il 53,8 non se la è sentita. Eppure chi vi si è riconosciuto non è proprio un Nababbo. Un ristorante "congruo" agli studi dichiara 31.800 euro lordi l´anno, contro i 9.700 del suo collega "non congruo". Orologiai e gioiellieri che hanno aderito hanno dichiarato in media 34.300 euro, contro i non congrui, fermi a 11.600.
Tra quel 40 per cento che considera troppo elevato il reddito calcolato dagli studi di settore si annida l´evasione. Agenzie di viaggio che dichiarano 1.700 euro l´anno. Fiorai che ne guadagnano 7.500, autotrasportatori che campano con 4.400 euro. E c´è anche chi è in perdita. È il caso di sale giochi, centri di benessere, discoteche, impianti sportivi, albergatori.
Favorito dalla stagione dei condoni, il genio italiano ce l´ha messa tutta per dichiarare meno del dovuto. Ci sono imprese che hanno gonfiato a dismisura i magazzini. E dalle serie storiche degli studi di settore è emerso che, non contenti, oltre 250mila soggetti già incoerenti nella gestione del magazzino, hanno continuato a incrementare a dismisura le rimanenze finali.
E che dire dei tempi di rotazione delle scorte? Abnormi per chi non ha aderito agli studi di settore. Nei bar che vi si riconoscono, i cosiddetti "congrui", i giorni di rotazione sono in media cento. Per i "non congrui", quelli che non hanno aderito agli studi di settore, i tempi si allungano a oltre 700 giorni. Lo stesso accade con i laboratori di analisi: 29 giorni contro 900. E con i panettieri: 42 giorni contro 378. Alcuni odontotecnici tengono le protesi nei cassetti più di 5 anni. Trucchi per far sì che i costi, compensando i ricavi, riducano il reddito dichiarato e quindi le tasse da pagare. Ci sono estetisti, ma non sono i soli, che dichiarano meno dei "marginali", quelli cioè che sono in una situazione di sopravvivenza. Ma il fisco ha messo il naso anche sul "valore aggiunto" per addetto, cioè sulla ricchezza prodotta da ogni dipendente. Un valore che in alcuni casi diventa negativo, cioè il dipendente invece di produrre ricchezza, la brucia. Non è un reato, può accadere, ma diventa sospetto se si moltiplica. Tutte "stranezze" che saranno corrette con l´introduzione di nuovi indicatori, che mostrano le irrazionalità tra le poste dei contribuenti. Per questo è montata la protesta delle categorie. Ma la moltiplicazione dei pani e dei pesci, al momento, sembra riuscita solo a Gesù e sulla tavola, non in magazzino.

lunedì 11 giugno 2007

Evviva gli insegnanti, abbasso gli psicologi

La Stampa, 9 giugno 2007

Il bullo e l’aguzzina


Massimo Gramellini

Va bene mandare i professori in galera, ma non si farebbe prima a chiudere le scuole? Luoghi antiquati in cui sopravvivono esemplari come l’insegnante siciliana che ha costretto un allievo a scrivere sul quaderno per cento volte «Io sono un deficiente». Fortuna che c’è un giudice, a Palermo, e ha chiesto due mesi di carcere per l’aguzzina. Sì, chiudiamole, queste camere di tortura dove si proibisce a un povero fanciullo di dare simpaticamente del «finocchio» a un compagno, ribadendo il concetto con dovizia di particolari e di immagini. Quel talento aveva le carte in regola per sfondare in televisione e un domani in Parlamento, se solo la sadica istitutrice non fosse intervenuta a ingabbiarne la creatività dentro un castigo umiliante. E nel caso in cui il «finocchio» si fosse poi fatto del male, come in un’altra scuola qualche tempo fa? Che domande: sarebbe stato giusto accusare la prof di non aver saputo prevenire la tragedia.
Scuole con professoresse simili non si possono tenere aperte un giorno di più. Di bizzarria in bizzarria, sono arrivate a costringere un giovanotto vivace e appena un po’ razzista ad autoinsultarsi per iscritto. Vogliono il ripristino delle punizioni corporali? Bene hanno fatto i genitori della vittima a risponderle per le rime. «Nostro figlio sarà un deficiente ma lei è una c...» E benissimo ha fatto il pubblico ministero che ha incriminato l’insegnante a non ritenere punibile la parolaccia di mamma e papà, considerandone l’alto valore educativo. Datemi retta: è meglio chiuderle, queste scuole. Soprattutto perché quel ragazzino fa la seconda media e ha scritto per cento volte «Io sono un deficente» senza la i.



La Stampa, 11 giugno 2007

Io, insegnante rivoglio la mia dignità

Sono arrabbiata, molto arrabbiata, arrabbiatissima. Sono un’insegnante che da 30 anni fa questo lavoro, in prima linea tutti i giorni contro l’ignoranza, la maleducazione e le prevaricazioni. Rivoglio la mia dignità, il rispetto per me, la mia cultura, il mio impegno, la mia fatica. Non chiedo aumenti di stipendio né ho rivendicazioni economiche. Rivoglio la mia dignità. Una collega rischia 2 mesi di carcere e 25 mila euro di ammenda per una punizione ritenuta non consona. E chi ha rigato con scritte indecenti la mia macchina, cosa rischia? E i ragazzi che all’uscita di scuola tirano uova e farina e inneggiano alla distruzione dell’Istituto con slogan fascisti, cosa rischiano? E gli alunni che vengono a scuola un giorno sì e tre no, sovente in ritardo, che dileggiano i compagni più deboli, che non accettano rimproveri, che cosa rischiano? Verranno agli esami impreparati come non mai, con una pseudoricerca scaricata da Internet neppure rielaborata, faranno scena pressoché muta, e dovranno, dico dovranno, essere promossi. Perché? Perché ci sono i genitori, il Tar, gli psicologi, i media, il disagio, la società, e chi altro? Ma perché io ho un registro? Perché devo interrogare, correggere i compiti e valutare? Perché sono obbligata a fare gli esami, questa ignobile farsa? Non voglio fare di ogni erba un fascio: ho conosciuto tanti bravi ragazzi, che ho amato e che mi hanno amato, ho avuto dimostrazioni di affetto enormi. Ma ora rivoglio la mia dignità. La reclamo per me e per tutti quelli che, come me, finiscono l’anno scolastico con le lacrime agli occhi e non per la commozione.
GIOVANNA GRADI



Non so voi, ma io sto dalla parte degli insegnanti.