lunedì 18 marzo 2013

Il Grillo guastatore

Che Beppe Grillo fosse un guastatore (da non confondere col guastafeste) era palese dai tempi di "Te la do io l'America". Il comico genovese, vate dei 5 Stelle, ha costruito la propria forza e credibilità percorrendo un'esistenza da commando nemico dell'establishment. Ha messo in luce le magagne (porcate?) del potere, ha denunciato le truffe dell'economia, ha puntato il dito contro grandi mali della nostra società.
Non poteva che raccogliere da questo passato per diventare l'ariete dei 5 Stelle, semplici cittadini stufi dell'arroganza della vecchia politica e desiderosi di cambiamento. Ed è proprio qui che va in cortocircuito il guastatore Grillo. La sua forza sta nel distruggere, non nel costruire, non nel cambiare. Ed ora che il "lurido" esistente è stato perlomeno messo in difficoltà, invece di sfruttare la breccia per dargli la zampata finale cosa fa? Si arrocca su posizioni estremiste simili più alla guerriglia che alla politica. E' infatti di politica che si parla. I 5 Stelle sono entrati in Parlamento accettando le regole della politica, ora non possono disinteressarsene arroccandosi su posizioni indifendibili come la totale assenza di dialogo con il resto dell'emiciclo.
Il cortocircuito è parso palese con l'elezione di Boldrini e Grasso. Come mai tanta differenza tra le grida di Grillo e i voti a favore di Grasso dei senatori 5 Stelle? Loro sono lì per il cambiamento e quale cambiamento ci sarebbe stato se al Senato ci fossimo ritrovati di nuovo lo Schifani indagato per mafia piuttosto che il Grasso nemico della mafia? Quale cambiamento ci sarebbe se, invece di spuntare i primi rinnovamenti da un compromesso con le forze migliori (o meno peggiori) del Parlamento, si ritornasse a votare? Magari prendendo meno voti di prima, magari non avendo più la stessa forza contrattuale, visto che nel frattempo le "forze del male", spiazzate alla prima tornata elettorale, avrebbero ora il tempo di organizzarsi verso il nuovo nemico ora non più così nuovo. E visto che questa strategia intransigente rende antipatico il Movimento a chi lo ha votato per sfogo o agli stessi militanti che desiderano cambiare le cose e non fare tabula rasa.
Qui sta il limite di Grillo. Se non urla ma dialoga rischia di perdere appeal rispetto ad un noioso Bersani che ha passato la propria vita a dialogare, per non parlare poi del solito gigioneggiante e stracotto Berlusconi. Ma sopratutto, se i 5 Stelle cominciano a pensare con la propria testa, Grillo a cosa serve più? Ha assolto il proprio ruolo, quello di ariete appunto, ma ora che l'esercito rivoluzionario è entrato nella fortezza bisogna combattere strada per strada, via per via, non si possono buttare giù tutti i palazzi. Quello sarebbe stato appunto l'esito di una rivoluzione armata.
Le basi per il cambiamento ci sono. Le Camere della Repubblica non hanno mai conosciuto dei presidenti di così alto profilo civile e sociale. Non fosse stato per l'anomalia 5 Stelle probabilmente oggi dovremmo turarci il naso di fronte ad un Franceschini ed una Finocchiaro. E' arrivato il momento che Grillo si metta da parte, che si prenda un po' di ferie e accumuli energia per la prossima campagna elettorale. Ora lasci lavorare il Parlamento più rinnovato della storia di questa tormentata nazione.