venerdì 21 dicembre 2007

giovedì 20 dicembre 2007

Lei non sa chi sono io!

http://espresso.repubblica.it/multimedia/1471644

Questo è il link all'audio dell'intercettazione telefonica che vede protagonisti Agostino Saccà e Silvio Berlusconi. Qualche considerazione:
1- impressionante la genuflessione di Saccà nei confronti di Berlusconi, manco fosse il Papa;
2- ora più che mai è importante ribadire l'importanza della trasparenza della politica e, quando Mastella attacca giornalisti e intercettazioni telefoniche con la scusa di proteggere la privacy dei cittadini, sia sempre chiaro che lo fa per proteggere questi interessi personali, quelli della Casta;
3- ho amato particolarmente il passaggio in cui Berlusconi dice che, siccome sta cercando di ottenere la maggioranza in Senato, ha bisogno di raccomandare un'attrice per fare un favore a un senatore. Rileggiamo la cosa: questo senatore vende il suo voto a Berlusconi in cambio di una raccomandazione di una che chissà che cosa ha fatto per ottenere i suoi favori. Mah? E l'ideologia, il bene dei cittadini, la coerenza che fine hanno fatto?
4- ho le valige quasi pronte. Non credo che andrò in Francia perché lì i 15enni che non sanno nulla della rotazione della Terra sono più numerosi che in Italia

mercoledì 19 dicembre 2007

E' tempo di migrare

L'allarme dai test Pisa: il 61% non ha chiara la rotazione terrestre

Piano urgente per le scuole medie
Fioroni: "Non sanno perché fa notte"

venerdì 7 dicembre 2007

O hai le catene o vai in catene.

Oggi per un paio di volte ho sentito "Onda verde" alla radio (per i meno informati è la trasmissione con le informazioni sul traffico di Radio Rai). A essere sinceri l'ho ascoltata abbastanza distrattamente, stavo facendo altro, ma entrambe le volte sono stato colpito da una delle informazioni che venivano date. Se non ho capito male di questi tempi, se mi metto in viaggio con l'auto per le Alpi austriache, è tassativamente obbligatorio avere le catene da neve nel baule. Se ti ferma la polizia, che tu sia austriaco o meno, ti becchi il sequestro dell'automobile e un'ammenda di 5.000 euro commutabile in 6 settimane di reclusione. Non credo di essermi sbagliato, il comunicato diceva proprio così. Di tre cose sono certo: la prima, gli austriaci tengono molto alla sicurezza stradale in montagna; la seconda, gli austriaci forse sono un po' esagerati con le punizioni; la terza, se un austriaco in divisa rileva la suddetta contravvenzione non esiterà ad applicare la legge, e si capisce anche come mai in Austria le regole vengono rispettate più che altrove.

Ho trovato simpatico il fatto che questa regola del codice stradale mitteleuropeo venga sbandierata anche al diquà delle Alpi: forse è un complotto ordito dal trittico comunista Bresso, Saitta, Chiamparino per dirottare il turismo invernale delle vallate di Innsbruck verso le splendide discese post-olimpiche; forse è una tattica dell'esecutivo di Vienna per tenere i maschi italiani lontano dalle bionde fraulen austriache; molto più concretamente, conoscendo l'insofferenza degli italiani per le regole, la redazione di "Onda verde" ha pensato di avvertirli per tempo della minaccia incombente perché l'italiano medio non può neanche lontanamente immaginare che ti possano comminare un mese e mezzo di gattabuia per non aver portato con te le catene da neve.

Questo naturalmente succede in Austria, già, perché in Italia cominciano a pubblicare i primi dati sugli ultimi effetti della patente a punti: nulli. Dopo lo spauracchio iniziale l'homo italicus, ma la stessa cosa accade per ogni altra legge del Belpaese, si è finalmente rassicurato del fatto che nessuno gli toglierà mai la patente. Tra la mancanza di controlli e la possibilità di intasare le scrivanie dei giudici di pace con mille ricorsi, il cittadino italiano sa che continuerà a rimanere sempre impunito. Forse è per questo che dall'altra parte delle Alpi alcune cose funzionano meglio.

mercoledì 5 dicembre 2007

O vinci o rubi

Da un po' di tempo passa alla radio uno spot della Duracell che fa venire i brividi, da tanto ne voglio scrivere, ci ho riflettuto sopra, ora lo faccio.

Lo spot è "rappato" da un tizio che sembra Fabri Fibra, o forse Mondo Marcio, insomma uno di questi improbabili cloni del rap hip hop americano che non hanno mai visto una periferia statunitense e che purtroppo hanno trovato terreno fertile fra le menti anestetizzate da Mtv di tanti giovani italiani. Il testo, parafrasando più o meno, fa così: "Senti fra' (che dopo lunga riflessione sono giunto alla conclusione si tratti della brutta copia del "bro'" inglese e non del diminutivo di francesco) per un iPod 80giga HiFi non puoi mica metterti nei guai, basta poco per comprare una pila Duracell e allora potrai essere un vincente".

Chiedo scusa ai pubblicitari che hanno partorito questa roba se ho storpiato qualche parola, ma quello che io mi domando è: che fine ha fatto il Moige, dov'è l'Authority, il maestro Manzi, vi prego ridatemi il maestro dei 400 colpi, com'è possibile che nessuno si sia ribellato, perché i suddetti pubblicitari non sono stati censurati?

Ormai è empiricamente provato che la televisione influenza le mente di chi la guarda, più o meno, e senza ombra di dubbio la pubblicità impone dei modelli, degli stili di vita. Come è possibile che nessuno abbia avuto niente da eccepire di fronte a un messaggio del genere: "Vuoi l'iPod? O lo rubi o lo vinci". Ma che fine ha fatto l'onestà, che fine hanno fatto il lavoro, la dedizione, la correttezza, la consapevolezza che per ottenere qualcosa bisogna sudare, faticare, meritarlo? No, questi geni, ma nessuno li ha contraddetti, danno per scontato che il ragazzo medio che vuole l'iPod andrà a rubare per comprarlo, oppure ruberà direttamente l'iPod, o magari pianterà un coltello in pancia a un altro ragazzo, come è già successo. Ma quelli della Duracell sono bravi, sono fini educatori, e ti dicono: io a te ci penso, per evitare che vai a rubare ti do la possibilità di vincerlo. Comprami la piletta. Bravi!

mercoledì 21 novembre 2007

Facciamo causa ai signori Savoia

Come segno di riconoscimento per il paese che non li voleva ma oggi gli permette nuovamente di fare le vacanze in Liguria, i signori
Savoia hanno fatto causa agli italiani per i danni morali ed economici
subiti come conseguenza dell'esilio. La cifra domandata: 260 milioni
di euro, 130 a testa. Visto che anche in Italia si comincia a parlare
di class action, proporrei una class action degli italiani contro i
signori Savoia chiedendogli 130 milioni di euro per ogni italiano
morto sul fronte russo, per ogni italiano morto a Cefalonia, per ogni
italiano trucidato dal fascismo, per ogni italiano "esiliato" in campo
di concentramento, per ogni italiano che ha perso il gusto della vita
a causa di 20 anni di dittatura e 6 di guerra. Proporrei inoltre una
class action contro i parlamentari che hanno sprecato migliaia di ore
di legislatura per dare un passaporto italiano a questi ingrati invece
di utilizzare i soldi che spendiamo per pagargli lo stipendio per
risolvere problemi come pensioni, precariato, competitività e altre
quisquiglie.

edito: questo post è stato pubblicato anche su "La Stampa". Questa la risposta di Lucia Annunziata sull'edizione odierna.

I Savoia sono persone molto difficili da capire. È vero che la loro
richiesta non è diversa da quelle che alcune famiglie reali hanno
intrapreso in altri Paesi, e che questa pretesa in mano a un buon
avvocato potrebbe anche portare a una causa sostenibile. Ma le ragioni
legali non sono sempre - e sicuramente non lo sono in questo caso -
quelle dell'opportunità. Ripeto, io leggo soprattutto in questa mossa
l'enorme distanza intellettuale, culturale e sociale fra alcuni
(questa distinzione va fatta) membri della ex casa reale e il Paese
che una volta hanno chiamato loro. I Savoia - cui pure non va negato
il diritto di sentirsi di nuovo cittadini italiani - sembrano non aver
il minimo senso di come questo Paese si sente, e di come sente il suo
passato. Ne abbiamo avuto prove, del resto, in alcune delle molte
interviste che hanno concesse: è come se la storia italiana vista da
loro e vista da noi non fosse la stessa, come se l'Italia e i Savoia
da un certo punto in poi non appartenessero più allo stesso destino.
Forse è anche naturale che sia così, forse è questo il prezzo
dell'esilio, e in questo senso forse dovrebbero poter ricevere una
compensazione per danni: danni di estraneamento, danni di
dimenticanza, danni di rimozione. Questo è alla fine il senso reale
del loro gioco: la causa è una richiesta mascherata di rivedere la
storia d'Italia rivalutando la conduzione, l'onore, e il regno dei
Savoia. Purtroppo per loro, questa è l'unica restituzione che questo
Paese non potrà mai dargli, anche se mai in un qualunque tribunale
riuscissero ad avere ragione sulle loro richieste economiche. Un
invito finale: non coinvolgiamo in questa polemica tutti i discendenti
della casa Savoia. Ci sono fra loro persone piene d'onore, e gli
stessi monarchici di oggi, per quanto diminuiti nel numero, si
ispirano a valori da rispettare.

martedì 20 novembre 2007

Campioni del mondo.......... di pallavolo

Mentre il "sistema" calcio metteva a ferro e fuoco l'Italia, in quanti si sono accorti che la nazionale femminile di volley è diventata Campione del Mondo? Ma sì, dai, chi non lo sapeva è scusato. In fin dei conti anche la finale è stata oscurata dalle importantissime immagini di ultrà incazzati, palloni bucati, calciatori offesi, veline arrabbiate coi centravanti, vetrine rotte, stadi chiusi, cariche della polizia, minacce alle forze dell'ordine, insomma da tutto quel bel circo che è la palla a scacchi.

Tanta polizia per cosa?

Secondo Italia Oggi di venerdì 16 novembre ben 24mila poliziotti vigilerebbero a protezione della "Casta". Forse cominciano ad avere paura?

Saggezza

Oggi, chiacchierando con la mia amica gnotis ho prodotto questa cosa. Non sarà Pirandello però mi piace.

"La saggezza è un bagaglio che ci portiamo appresso fin da piccoli, solo che da piccoli abbiamo spalle minute e ne possiamo portare con noi molto poca. Crescendo le spalle si fanno forti, poi esperte, e allora ne possiamo portare in gran quantità"

Sempre in tema di ceffoni

Genitori mafiosi


Massimo Gramellini


Megan, ragazzina del Missouri in cura per depressione, si innamora su Internet di un coetaneo di nome Josh, conquistata dai suoi messaggi romantici. Ma di punto in bianco Josh comincia a scriverle volgarità, fino al definitivo: «Il mondo sarebbe migliore senza di te». E’ tale lo sconforto che la depressa si impicca all’armadio della sua stanza. A distanza di un anno si viene a sapere che dietro l’identità di Josh non c’è un giovinastro sadico né un maniaco sessuale. Ci sono i genitori di una ex amica della ragazza morta. I quali si inventarono il finto e cattivissimo spasimante allo scopo di punire Megan per aver litigato con la loro figliola.
Non tiriamo in ballo «i tempi» in cui viviamo. «I tempi» non esistono. Esistono gli individui. Quei due genitori, pronti ad architettare uno scherzo atroce su una quattordicenne psicolabile pur di vendicare chissà quale oltraggio subito dalla propria bambina. E’ sconvolgente che una madre e un padre, vedendo la figlia piangere per la fine di un’amicizia fra adolescenti, invece di aiutarla a smitizzare l’accaduto, lo vivano come un affronto alla famiglia, secondo un codice che credevamo appartenesse alla mafia. E passino al contrattacco, non solo contro i professori e qualsiasi altro adulto non stenda tappeti davanti al sangue del loro sangue, ma persino contro una ragazzina.
Scusa papà, dovunque tu sia, per gli improperi che ti mandavo quando dalla finestra mi vedevi fare a cazzotti con altri bambini e, anziché scendere a darmi una mano, aspettavi che tornassi a casa per rifilarmi un ceffone aggiuntivo. Non potevo ancora sapere che mi stavi insegnando la vita.



Che dire? Gramellini dice le stesse cose che desidero dire io: naturalmente lo fa meglio.

Obbliga la figlia a scrivere: io ladra padre condannato

ROMA - L´umiliazione dei figli minori non è ammessa come metodo educativo nemmeno quando il tipo di punizione - scelta dal genitore come forma di rimprovero - è priva di violenza fisica ma ha il sapore della "gogna". Lo sottolinea la Cassazione. I supremi giudici hanno confermato la condanna a due mesi di reclusione nei confronti di Mario M., un papà separatosi da poco che aveva punito la figlia del primo matrimonio, andata da lui a Cesenatico per passare le vacanze con la nuova famiglia che l´uomo aveva formato, facendole scrivere sul quaderno la frase «io sono una ladra, non devo rubare». L´uomo sospettava che Federica avesse rubato un ciondolo alla sorellina minore. La punizione ricevuta provocò nella ragazzina, già provata dalla separazione dei genitori, un «dramma psichico» sfociato in una forma di «depressione reattiva», anche se non grave. La vicenda della frase venne a galla a scuola quando una maestra sfogliò il quaderno e lesse la frase.


Questa notizia mi ha fatto gelare il sangue nelle vene. Vorrei chiedere al giudice che ha emesso la sentenza, alla psicologa che ha individuato il "dramma psichico", alla maestra che non si è fatta gli affaracci suoi, quando vi troverete davanti un ragazzo che, essendo abituato a sentirsi dire sempre di sì, vi punterà in faccia una pistola perché ha bisogno dei quattrini per comprarsi un paio di jeans griffati, sarete ancora sicuri che ogni tanto una bella sberla faccia così male? Data a voi naturalmente.

edito: brokendream mi ha fatto notare l'estrema violenza delle mie parole: credo che in parte abbia ragione. innanzitutto è vero che, se si è trattata di una punizione senza prove certe, è assolutamente fuori luogo. le maestre continuino pure a guardare nei diari degli alunni per scovare violenze e altro. rimango dell'idea, però, che se io ragazzino "ho rubato davvero" e vengo punito con l'obbligo di scrivere "sono un pirla" non sia una punizione così grave. per quanto riguarda il "dramma psichico" definito "non grave", diciamo che sono stufo di sentire parlare psicologi che pretendono di spiegare sempre con i drammi interiori i problemi della società: cos'è un "dramma psichico non grave"? o è un dramma o non è grave. decidetevi.

venerdì 16 novembre 2007

Hai capito il bravo ragazzo

Fermo restando che uccidere una persona a sangue freddo rimane una porcata da punire e che non possiamo che essere vicini al dolore di una famiglia che ha appena conosciuto la scomparsa del proprio figlio, purtroppo alcune cose vanno dette. Secondo la ricostruzione "definitiva" dei fatti che hanno portato alla morte di "San" Gabriele Sandri, innocuo ultrà della Lazio, nelle tasche della vittima sono state rinvenute pietre che, insieme a coltelli e mazze da baseball, erano serviti per fare un bell'agguato ai tifosi della Juve incrociati alla stazione di servizio. Impavidi gli ultrà laziali, tra quali si distingueva l'innocua partecipazione di "San" Gabriele Sandri, hanno assalito i 3 juventini in 9, dimostrando un coraggio e un senso civico che ogni italiano dovrebbe invidiare. E' saltato poi fuori che "San" Gabriele Sandri era già stato fermato nel 2002 a Milano insieme ad altri 20 amici perché armati di innocui cacciaviti.
Se c'è una cosa che da veramente in testa è che davanti a una telecamera o tra le righe di un quotidiano qualcuno dica "era un bravo ragazzo" e poi tutti al funerale di "San" Gabriele Sandri. I bravi ragazzi fanno i volontari nel 118, aiutano le vecchiette ad attraversare la strada, portano i fratellini o i nipotini più piccoli a vedere la partita allo stadio, ops, volevo dire portavano, perché grazie agli amici di "San" Gabriele Sandri, oggi è più sicuro portare il proprio figlio a fare spesa al mercato di Falluja piuttosto che a vedere una partita del campionato interregionale: a vedere la serie A ci ha rinunciato anche l'esercito americano.

Tutte queste inutili parole, non per attaccare Gabriele Sandri, che nonostante non fosse proprio quel "bravo ragazzo", è degno di un minuto di silenzio per la sua morte tanto assurda, ma per chiedere agli italiani di darsi una svegliata, per chiedergli di uscire da quel torpore televisivo che ormai li ha completamente rincretiniti facendogli perdere di vista le cose davvero importanti della vita, per ricordargli che intanto la Finanziaria è passata, purtroppo l'alternativa a Prodi rimane Berlusconi e privilegi, autoblu, stipendi e arroganza dei nostri politici-padroni non accennano a diminuire.

giovedì 15 novembre 2007

Tutti al funerale dell'ultrà ammazzato

Questo paese offre sempre spunti per riflettere su quanto sia ridicolo e su quanto i comportamenti del suo popolo siano infantili, stereotipati, privi di riflessione alcuna.

Domenica in un autogrill di non ricordo dove un ragazzo è stato ammazzato da un poliziotto che "chissà cosa aveva in testa?" ora dovrà dare molte spiegazioni ma soprattutto si spera verrà punito per il gesto sconsiderato che ha commesso.

Nell'ordine "è parso sia successo" questo. Le testate giornalistiche, che come già detto in passato seguono pecorecciamente qualunque cosa faccia scandalo, hanno subito gridato: "Ultrà della Lazio freddato da poliziotto a causa di una rissa fra tifosi". Tifoserie di ogni credo hanno dunque pensato di mettere a ferro e fuoco l'Italia senza che le forze dell'"ORDINE" fecessero nulla per mantenere l'"ORDINE". Qualche giorno dopo a Roma si è svolto il funerale del poveraccio ammazzato: commozione di tutta la nazione, autorità presenti per porgere le condoglianze ai familiari, ultrà di tutta Italia che con una coordinazione "che neanche i Garibaldini a Marsala" sono scesi sulla capitale per dare l'ultimo saluto al compagno-camerata ucciso.

Ecco cosa è successo veramente. Dei tizi dall'altra parte dell'autostrada hanno cominciato a insultarsi. Un poliziotto, un cretino di prima categoria, spara da 50 metri e ne ammazza uno. I giornali non riportano la notizia "vera", "Giovane ucciso in autogrill da poliziotto: poco chiara la dinamica dei fatti", ma quella che gli fa comodo: "Ultrà della Lazio freddato da poliziotto perché si stava menando con degli stronzi della Juve". Cari giornalisti, complimenti, avete servito su un piatto d'argento un pretesto per menar le mani a quell'esercito di deficienti che ogni giorno va allo stadio, non per tifare per la propria squadra del cuore, ma per uccidere i tifosi della squadra avversaria. Conseguenza. La Federcalcio blocca la partita in cui giocava la Lazio, dando corda alla bugia raccontata dai giornali, e incarognendo ancora di più i deficienti di cui sopra. Questi ultimi ormai hanno tutte le "motivazioni" per fare quel che gli pare: in Lombardia bloccano una partita con la violenza e la sera, a Roma, danno il via a uno spettacolo di guerriglia urbana e terrorismo degno di una dittatura sudamericana. In tutto questo caos la polizia non fa niente. Il ministro dell'interno, il dottor Sottile, spiega che la polizia non ha reagito per evitare una mattanza. Ma sta scherzando?!!! Uno, se si è arrivati a tanto è solo perché la polizia non reagisce mai; due, se ci fosse stata la mattanza i deficienti ci avrebbero pensato un'altra volta a mettere a ferro e fuoco la capitale di un paese che si definisce civile e moderno; tre, non essendoci stata la mattanza, e avendo già scarcerato coma al solito tutti i delinquenti, è ormai certo che si ripeteranno episodi del genere, perché sono stati sdoganati, perché chi getta una molotov contro una caserma dei carabinieri sa che rimarrà impunito, soprattutto se tifa per una squadra di calcio.
Ma la farsa non è finita. Ai funerali, manco fosse morto un capo di stato, migliaia di persone si sono riunite. A dare ragione agli esagitati ci hanno pensato le autorità, presenti "per evitare la mattanza" evidentemente. Ma queste autorità, che sono andate al funerale di uno qualunque, anzi, un tifoso, colonna portante della società italiana, siamo comunque vicini al dolore della famiglia, perché non sono andate al funerale del medico milanese ucciso da delinquenti che gli sono entrati a rubare in casa; perché non sono andate ai funerali delle centinaia di persone che quest'anno sono morte sul lavoro. Centinaia di persone!!!! Insomma, per evitare la mattanza dei deficienti il ministero dell'interno fa mettere a novanta le forze di polizia; per evitare la mattanza di chi lavora, i veri eroi, non fa niente.
E non è finita, perché ieri altri deficienti hanno assediato una casa residenza di poliziotti a Milano. Naturalmente non è successo niente, meglio una mattanza di poliziotti che una mattanza di ultrà.

Ops, ma guarda, mi è venuta in mente una cosa. Mentre i giornali di tutta Italia parlavano di "tifosi, polizia e mattanza", ben 20 minuti su 30 nel tg1 di domenica o lunedì, in senato si votava la finanziaria, quella stupidata di documento che decide le sorti economiche di un paese e che, se scritto come si deve, cioé senza che si legga bene, assicura ulteriori privilegi a questa buffa classe politica da farsa e da dittatura, che ormai solo una rivoluzione potrebbe buttare giù.

Questo sarebbe un paese civile, sarebbe un paese degno di essere considerato partner affidabile dalla comunità internazionale? Una cosa è certa. Se a un certo punto a mettere a ferro e fuoco la piazza non saranno gli ultrà, lì solo per fare casino, ma cittadini esausti, stufi, indignati, impauriti, desiderosi di migliorare le cose, stiamo certi che finalmente avremo quello che ci è mancato con gli ultrà: una bella mattanza.

mercoledì 14 novembre 2007

The Chemical Brothers - The Salmon Dance

Dopo Kate Nash un video geniale per una canzone geniale. I Chemical Brothers sono sempre degni di rispetto.

lunedì 29 ottobre 2007

L'ultimissima cena

Massimo Gramellini è sempre degno di essere letto.

da La Stampa di sabato 27 ottobre 2007

Invoco un secolo di tregua per il Cenacolo di Leonardo. Da quando Dan Brown lo ha posto al centro del suo complotto planetario, per l’affresco milanese non c’è più stata pace. La polemica sull’identità del personaggio alla destra di Gesù - Giovanni o la Maddalena - ha attirato addosso al dipinto ancora più turisti. E i turisti hanno attirato ancora più smog. Circostanza smentita ieri dall’assessore alla cultura Vittorio Sgarbi, che ha addossato tutte le colpe del logorio all’improvvido pennello di Leonardo: «Quella cagata di affresco non si può danneggiare più di così».
Sgarbi va capito. E’ inconcepibile che gli studiosi internazionali non abbiano neppure contemplato l’ipotesi che la figura alla destra di Gesù nell’Ultima Cena possa essere lui. Inoltre, avendo egli esaurito la lista di persone da insultare, era abbastanza prevedibile che prima o poi avrebbe cominciato ad attaccar briga con gli oggetti inanimati. Prossimamente prenderà a schiaffi un obelisco egizio e querelerà l’Everest per eccesso di freddezza nei suoi confronti. Passare in quindici anni dagli improperi a Di Pietro a quelli contro Leonardo rappresenta anche per Sgarbi un bel salto esistenziale. Ora che il più è stato fatto, avrà meno remore a definire «cagata» un canto di Dante, una sonata di Mozart o un gol di Maradona. Purtroppo non basta seppellire di letame i capolavori per passare alla storia. Fra un secolo la «cagata» di Leonardo avrà ancora torme di visitatori. Quelle di Sgarbi, invece, non interessano più a nessuno già adesso.

mercoledì 17 ottobre 2007

"La perla alla fine del mondo" di Luca Masali

Trattasi di un libro che consiglio, soprattutto a coloro che pensano che in Italia non sia possibile scrivere la fantascienza.
Elemento scatenante di tutto una scommessa, nel 1924, al Casinò di Montecarlo, tra monsieur Citroen e monsieur Renault (proprio quel Citroen e proprio quel Renault). Il secondo scommette che Citroen non riuscirà mai ad attraversare il Sahara con una delle sue autochenille. Spinto dall'alcool e da qualcos'altro, Citroen accetta la scommessa e mette insieme il più improbabile degli equipaggi per una delle avventure più impegnative nelle quali un uomo possa incappare. I componenti: Citroen, il barman del casinò, una spogliarellista e Matteo Campini, aviatore triestino che ha combattuto per gli austriaci nella prima guerra mondiale e che ora campa facendo il cameriere.

Insomma, cosa lega questa improbabile missione a Manat, la "Cagna del deserto", che in un futuro remotissimo vive rubando componenti elettronici alle stazioni petrolifere abbandonate nel deserto iraniano?

Bellissimi i riferimenti, fin dalla prima pagina, al Corano, alla cultura islamica. Affascinante la sensazione che si prova nel seguire i protagonisti nel deserto a bordo di questa antica automobile cingolata.

Da leggere

martedì 16 ottobre 2007

Quanto è grande l'universo?

Ho appena terminato di leggere "La perla alla fine del mondo" di Luca Masali. Bellissimo libro, lo consiglio, leggetelo, è edito da Sironi.

Ma non è per parlare di questo libro che scrivo, magari lo faccio nel prossimo post. Mi sono ricordato che qualche settimana fa ho incontrato Masali a un festival della letteratura a Chivasso, in provincia di Torino. Si parlava di fantascienza e non ricordo chi riportò una cosa detta da Rubbia, se non erro, in un altro incontro del festival. Questa stessa cosa viene anche riportata da Douglas Adams nel suo "La vita, l'universo e tutto quanto".

Vuoi un'idea della vastità dell'universo? Bene, pensa a qualcosa, a qualunque cosa, anche alla più assurda, tipo un'immensa statua di Berlusconi fatta con il marzapane e alta 45 metri. Ecco, l'universo è così grande che, per il calcolo delle probabilità, da qualche parte quella statua esiste.

Affascinante vero? Spero di non aver annoiato nessuno. ;)

venerdì 5 ottobre 2007

Sindrome o bufala da accerchiamento?

Mastella grida al complotto, dice di essere una vittima, si sente accerchiato.

Beh, speriamo che il cerchio si chiuda presto.

giovedì 4 ottobre 2007

Kate Nash - Foundations

Lei si chiama Kate Nash, la canzone è Foundations. Spero diventi famosa, è davvero brava.

Mastella boys senza pudore

Su Repubblica di oggi il seguente titolo campeggia a pagina 12: "Aerei blu, l'Udeur contro tutti - Usati da tanti, non solo da Mastella".

Ma davvero pensano che siamo così cretini? Ma che razza di risposta è alla sete di giustizia e senso civico che attanaglia gli italiani? Ma se Mastella avesse ammazzato qualcuno come lo avrebbero difeso: "Beh, che sarà mai? In Italia ci sono tanti omicidi, non è mica l'unico". E se avesse rubato una caramella al supermarket: "Sappiamo di un sacco di bambini che fanno la stessa cosa". Ma insomma, se uno si comporta male non è giustificato dal malaffare, dalla maleducazione, dall'inciviltà altrui. Soprattutto se si tratta del Ministro della Giustizia (mi vengono i brividi a ripensare all'ultima considerazione). Diavolo! Dovrebbe dare l'esempio.

Ecco un link per tenersi in allenamento http://mastellatiodio.blogspot.com/

lunedì 1 ottobre 2007

Il giornalismo tradizionale può dare lezioni ai blogger?

Domenica 30 settembre ho fatto un giro a Torino per incontrare un'amica. La fortuna ha voluto che mi imbattessi in uno degli eventi organizzati per la manifestazione "Portici di carta", proprio davanti all'ingresso del Teatro Regio.
C'era Luca Sofri, stava parlando. Su un piccolo palco, insieme a lui, altri tre che purtroppo non ho riconosciuto. Di fronte, una platea di una trentina di persone. L'argomento: non so quale fosse il titolo ma in quel momento Sofri discuteva di blog e giornalismo.

Parafraserò quanto ha detto e mi scuso anticipatamente con lui se quello che racconterò porterà con sé qualche sbavatura al suo pensiero.

Sofri parlava delle critiche che il giornalismo tradizionale porta al mondo dei blog internettiani, forse oggi troppo in vista e troppo osannati dal fenomeno Beppe Grillo. "I blog rappresentano un calderone di informazioni, libere e di parte, ma non verificate. Che razza di giornalismo è questo?" dicono loro.

Sofri ha risposto quanto segue. Quello che "questo giornalismo" dice è vero, almeno in parte. Ma questa è una critica che possiamo accettare da un giornalista dell'Economist, certamente da nessun giornalista italiano. Con quale coraggio si può affermare che il mondo dei blog produce solo notizie non verificate quando questa settimana tutti i quotidiani nazionali si sono scandalizzati raccontando la storia del vecchio di Cagliari costretto a rubare in un supermercato un pacco di pasta e un pezzo di formaggio perché con la pensione non riusciva a farcela?

Non è stato un giornalista ha scoprire che era una bufala. E' stato il comune di Cagliari che, sentendosi preso in mezzo, ha cercato il vecchio, ha scoperto che non esisteva, ha scoperto che la foto del supermercato apparsa su tutti i quotidiani era la foto di un supermercato della Valle d'Aosta. Questo è giornalismo che verifica le fonti? O i giornalisti che scrivono queste cose senza verificare si limitano semplicemente a copiare i comunicati stampa. Non si è neanche riusciti a capire chi avesse inventato la bufala.

Come può questo giornalismo dare dare lezioni deontologiche ai blogger, dico io, tears77.

Grazie a Luca Sofri. E invito tutti ad ascoltare la sua trasmissione, Condor 2.0, in onda tutti i giorni su Radio 2 dalle 16 alle 17 e condotta con l'ottimo Matteo Bordone.

martedì 25 settembre 2007

Mammella pruriginosa


Pubblico questa foto a sostegno di tutte quelle mamme che desiderano poter allattare al seno in pubblico, senza sentirsi additate come delle meretrici, per il semplice fatto che è naturale, bello, simbolo puro e incontestabile della vita che prosegue e dell'amore materno.

Inviterei pertanto tutti quelli che trovano questo gesto speciale sporco, indegno, indecente, ad andare a sfogare altrove i loro pruriti sessuali, magari davanti alla televisione, dove invece la continua esposizione di mammelle, tanto che pare di essere in un allevamento di mucche, viene ritenuta normale.

(Fonte della foto: http://www.trackback.it)

lunedì 24 settembre 2007

Bersagli

Che dire? Su "La Stampa" del 22 settembre Jena ha superato se stesso ;).


La faccio su Prodi? Troppo debole. Su Berlusconi? Troppo facile. Allora su Fassino? E basta, poveraccio. Vabbé, ripiego su D’Alema? Ma dai, con i tutti i guai che ha. Ok, me la prendo con Bertinotti? Ma poverino, non dà fastidio a nessuno. Marini? Ormai è fuori. Napolitano? Per carità. Veltroni? Quello magari mi dà pure ragione. Casini? Ma chissenefrega. Fini? Idem. Mastella? Capirai che sforzo. Di Pietro? E’ una macchietta. Boselli, Pecoraro, Giordano, Mussi, Diliberto, Letta, Bindi, Follini, Dini, Amato, Grillo...?
La rubrica di oggi è sospesa per mancanza di bersagli decenti.

giovedì 20 settembre 2007

Grazie Riccaro Capecchi

Caro Riccardo,

grazie. Ti ringrazio perché hai dimostrato che lassù, in mezzo a quella massa senza pudore e senza vergona che oggi molti, per moda o convinzione, chiamano Casta c'è ancora qualcuno che sa cosa sia la dignità. Ti hanno beccato, tu funzionario della Presidenza del Consiglio, che partecipavi a quella famosa gitarella da Roma a Monza, costata agli italiani circa 20.000 euro e alla quale hanno partecipato i ministri Mastella e Rutelli, e cosa hai fatto? Non hai invocato il diritto alla privacy, non hai gridato al complotto, non hai accusato la stampa comunista né quella fascista, non hai cercato di addurre motivazioni pseudoplausibili per giustificare la tua presenza su quell'aereo: tu hai rassegnato le dimissioni. E la cosa incredibile è che non le hai ritirate, come il malcostume italiano insegna e ormai ha trasformato in consuetudine. Le tue dimissioni sono state definitive, dimostrando una serietà, un senso del dovere e della giustizia, un pudore che i nostri politici, governanti, dirigenti hanno perso da tempo. Diciamo pure che se ne fregano. Ti prego Riccardo, candidati alle prossime politiche, ti voglio votare. Magari non hai le idee chiare per quanto riguarda la riforma delle pensioni, ma hai dimostrato un senso civico che, da solo, basta per risollevare le sorti di un paese.

martedì 18 settembre 2007

UF Student tasered at John Kerry Speech

Esempio di democrazia americana, quella alla quale molti dei nostri politici ci invitano a guardare, simbolo di libertà e giustizia. Domandi qualcosa che il potente di turno ritiene fastidioso? Beccati le botte e una bella scossa elettrica

giovedì 13 settembre 2007

Per vivere nel paese dei furbi bisogna essere almeno........ furbi

Qui sotto l'ultima domanda, e risposta, di Giuliano Foschini a uno dei "presunti" farabutti che hanno pagato (corrotto) per superare i test d'ingresso a medicina presso l'università di Bari (articolo apparso oggi su repubblica.it).

Ma non si sente in colpa nei confronti dei suoi colleghi? Avete giocato la stessa partita ad armi impari: che gusto c'è a vincere così?

"Ho vinto perché ero più preparato. E forse perché sono stato più furbo. Questo è il paese dei furbi".

Vorrei consigliare ad Antonio (questo il nome di fantasia che Foschini concede al ladro) di emigrare perché se è vero che questo è il "paese dei furbi", e purtroppo la quotidianità ce lo ricorda in continuazione, al contrario di quello che pensa, lui non è abbastanza furbo per viverci: si è fatto beccare.

mercoledì 12 settembre 2007

Bestie o signori?

Questa l'ho appena sentita in quella bella trasmissione, dal titolo "Trame", che va in onda tutte le mattine su Radio2.

"Il calcio è uno sport da signori giocato da bestie, il rugby è uno sport da bestie giocato da signori".

Meditate gente, meditate......

giovedì 26 luglio 2007

SE L´AMERICA CHIEDE "PERCHÉ CI ODIANO?"


da La Repubblica del 26 luglio 2007

Gli effetti devastanti delle migliori intenzioni Usa
La risposta dello scrittore Mohsin Hamid, pachistano e musulmano ma con un´infanzia statunitense
Il mio punto di vista sul problema è forse un po´ più strutturato del normale. Da un lato una parte di me si identifica con ‘loro´ e una parte con ‘noi´, come testimone diretto
Gli Stati Uniti sono intervenuti, spesso per ragioni giudicate all´epoca valide, a dar forma ai destini di altri paesi e poi, come nazione, sono usciti di scena


Da un lato una parte di me si identifica con "loro" e una parte con "noi". Dall´altro, crescendo in Pakistan negli anni ‘80, ho avuto occasione di essere testimone diretto degli effetti devastanti che possono avere le migliori intenzioni statunitensi.
Toccate l´argomento del perché tanti musulmani al giorno d´oggi odiano gli Stati Uniti e sentirete i vostri interlocutori autoflaggellarsi, almeno in alcuni ambienti dell´America post 11 settembre. Sono troppo affezionato agli Stati Uniti per unirmi al coro. Queste persone costituiscono la scuola di pensiero del «meritiamo di essere odiati perché siamo malvagi», un approccio semplicistico e inutile. Semplicistico perché esistono 300 milioni di componenti diverse in quel "noi" che è l´America. E inutile perché ignora il tanto di buono che c´è nella nazione.
In parte il motivo del rancore che si prova all´estero nei confronti degli Stati Uniti è legato ad un sentimento contro cui gli americani possono fare ben poco: l´invidia. Il paese più ricco e più potente del mondo attira la gelosia altrui un po´ come l´uomo più ricco e più potente di un piccolo centro attira la gelosia dei suoi concittadini. Lo accompagnerà per quanto egli possa essere gentile, generoso o umile. Ma c´è un altro importante motivo alla base dell´antiamericanismo: il cumulo dei residuati di molti anni di politica estera statunitense. La maggioranza degli americani è all´oscuro di queste iniziative politiche. Nella storia americana sono note minori a piè di pagina. Ma sono titoli di capitolo nella storia di altri paesi in cui hanno avuto enormi conseguenze. Grazie alla sua forza l´America è una sorta di Gulliver negli affari mondiali. Muovendo le dita dei piedi può, spesso inavvertitamente, rompere il braccio a un lillipuziano. Quando la mia famiglia rientrò in Pakistan, fui spettatore in prima fila di uno di questi oscuri episodi. Nel 1980 Lahore era sonnolenta e piuttosto tranquilla, ma le cose erano sul punto di cambiare. Le truppe sovietiche erano entrate da poco in Afghanistan e il governo statunitense, preoccupato per la vicinanza dell´Afghanistan ai ricchi giacimenti di petrolio del Golfo Persico e desideroso di vendicare l´umiliante disfatta subita nella guerra del Vietnam, decise di reagire. Sviluppando la linea dura del presidente Jimmy Carter, Ronald Reagan offrì miliardi di dollari in aiuti economici e forniture di armi sofisticate al dittatore pachistano, il generale Mohammed Zia ul-Haq. In cambio Zia sosteneva i mujaheddin, i guerriglieri afgani impegnati in una moderna guerra santa contro l´occupazione sovietica. Con l´aiuto della CIA, sorsero nelle aree tribali del Pakistan campi di addestramento jihadisti. Ben presto i kalashnikov provenienti da quei campi invasero le strade di Lahore, dando avvio ad un´ondata di criminalità.
Nel frattempo Zia diede avvio al tentativo in corso di islamizzare il Pakistan rendendolo così terreno più fertile per alimentare la jihad antisovietica. Alle danzatrici fu proibito di esibirsi in pubblico, le conduttrici televisive furono invitate a coprirsi il capo e furono approvate leggi limitative dei diritti delle donne. I politici, gli accademici e i giornalisti laici furono vittime di intimidazioni, incarcerazioni e peggio. Un aspetto di questi sviluppi risultava particolarmente sgradevole a noi che entravamo nell´adolescenza, vale a dire l´ira dei gruppi di uomini barbuti che imponevano i loro codici morali, rendendo rischioso uscire con le ragazze persino in una città godereccia come Lahore. In tutto il mondo la gente rimpiange i bei tempi della gioventù. A Lahore noi ci abituammo a rimpiangere il mese prima. Nel 1988, Zia morì in un ambiguo incidente aereo. I sovietici vennero cacciati dall´Afghanistan nel 1989, poco prima che io lasciassi Lahore per frequentare l´università negli Stati Uniti. Quando parlavo della campagna finale della Guerra Fredda ai miei compagni di corso di Princeton, pochi ne sembravano al corrente. A distanza di 18 anni la maggioranza delle persone che incontro negli USA restano sbalordite nell´apprendere di quel passato. Ma in Pakistan, quel periodo è impresso vividamente nella memoria nazionale. Una scorza di residui della politica estera americana avvolge gran parte del mondo. È l´altra parte della risposta all´interrogativo «Perché ci odiano?». Semplicemente perché l´America è intervenuta, spesso per ragioni giudicate all´epoca valide, a dar forma ai destini di altri paesi e poi, come nazione, è uscita di scena.
Sono tante le cose che ammiro degli Stati Uniti. Così quando oggi parlo di quell´epoca e mi imbatto nell´atteggiamento di innocenza ferita che rappresenta la reazione americana più comune, provo irritazione e delusione. È come se il concetto di responsabilità statunitense si applicasse solo all´interno dei 50 stati e io non avessi alcun diritto di farvi appello.
Come può uno come me conciliare affetto e frustrazione? In parte esercitando una critica appassionata. E in parte sperando che le cose cambino, appellandosi, come fece il reverendo Martin Luther King Jr., a quella che è la massima attrattiva degli Stati Uniti, a ciò che sostengono di difendere, a quanto di meglio è insito nella loro natura.
Bisogna che gli americani si istruiscano, dalla scuola elementare in poi, sull´operato del loro paese all´estero. Devono assumere un ruolo più attivo nel garantire che l´operato degli Stati Uniti all´estero non sia semplicemente in sintonia con la realpolitik per come la intendono le élite della politica estera, ma anche con i valori americani per come li intende l´opinione pubblica statunitense.
Perché, nel profondo, questi valori sono validi. Ecco perché anche dove l´antiamericanismo esplode virulento sono amatissime le cose americane. Ecco perché i musicisti rock pachistani ascoltano Jimi Hendrix e i Nirvana, perché le città pachistane pullulano di ragazzi in blue jeans e T-shirt, e perché i pachistani protestano per garantire alla loro Corte Suprema la tutela dalle ingerenze del presidente di cui gode il suo modello ispiratore, la Corte Suprema degli Stati Uniti.
Tutto questo ci porta ad un altro interrogativo, forse più fecondo, su cui gli americani farebbero bene a riflettere: «Perché ci amano?». La gente all´estero non ammira gli americani perché spalleggiano i dittatori, ma perché credono che tutti gli uomini e tutte le donne sono stati creati uguali. Questo concetto non può fermarsi ai confini degli Stati Uniti. E´ un concetto ben più ampio di qualsiasi nazione, indipendentemente dalle dimensioni. Perché l´America sia fedele a se stessa la sua gente deve ampliare la fede nell´eguaglianza in modo da includere gli uomini e le donne di tutto il mondo.
La sfida che gli Stati Uniti affrontano oggi si condensa in una scelta. Gli Usa possono ribadire il loro primato di superpotenza o accettare l´universalità dei loro valori. Nel primo caso aumenteranno il rancore degli stranieri e la probabilità di far ricadere disastri su remote popolazioni e viceversa. Nel secondo caso scopriranno qualcosa che sembrano aver dimenticato, ovvero che il mondo è pieno di potenziali alleati. Io sono uno di questi. Non vivo attualmente negli Stati Uniti ma credo ancora nel loro potenziale positivo. E come tanti che si chiedono come costruire un mondo nuovo e più integrato su fondamenta umane e eque, guardo alla terra in cui io, scrittore, ho imparato a scrivere, e mi permetto di sognare.

mercoledì 20 giugno 2007

Se sento ancora qualcuno lamentarsi dei politici...

La Repubblica, 20 giugno 2007

BARBARA ARDÙ
ROMA - Va bene il genio italiano, ma questi sono miracoli. Nel Belpaese ci sono lavanderie con due lavatrici, che però ne ammortizzano quattro. Ristoranti con cucine fantasma, ne hanno due, ma ne portano in ammortamento quattro. Farmacie con tre scaffalature, che nella dichiarazione dei redditi alla voce ammortamento, diventano cinque. Miracoli all´italiana? No, miracoli dell´evasione, venuti a galla spulciando tra gli studi di settore relativi al 2006 (redditi del 2005) e presentati oggi a Roma dal viceministro Visco. Si scopre così che 100mila imprese hanno dichiarato un valore dei beni strumentali necessari alla loro attività inferiore di quanto poi hanno portato in ammortamento. Il giochino è uno dei tanti che alcune categorie del lavoro autonomo sono andate affinando dal 1999, anno di nascita degli studi di settore. Lo hanno fatto per aggirare quegli indicatori di normalità economica che stabiliscono quanto dovrebbe guadagnare un´impresa date certe basi di partenza. D´altra parte meno del 40 per cento dei contribuenti ha aderito agli studi di settore (che non sono obbligatori). Il 53,8 non se la è sentita. Eppure chi vi si è riconosciuto non è proprio un Nababbo. Un ristorante "congruo" agli studi dichiara 31.800 euro lordi l´anno, contro i 9.700 del suo collega "non congruo". Orologiai e gioiellieri che hanno aderito hanno dichiarato in media 34.300 euro, contro i non congrui, fermi a 11.600.
Tra quel 40 per cento che considera troppo elevato il reddito calcolato dagli studi di settore si annida l´evasione. Agenzie di viaggio che dichiarano 1.700 euro l´anno. Fiorai che ne guadagnano 7.500, autotrasportatori che campano con 4.400 euro. E c´è anche chi è in perdita. È il caso di sale giochi, centri di benessere, discoteche, impianti sportivi, albergatori.
Favorito dalla stagione dei condoni, il genio italiano ce l´ha messa tutta per dichiarare meno del dovuto. Ci sono imprese che hanno gonfiato a dismisura i magazzini. E dalle serie storiche degli studi di settore è emerso che, non contenti, oltre 250mila soggetti già incoerenti nella gestione del magazzino, hanno continuato a incrementare a dismisura le rimanenze finali.
E che dire dei tempi di rotazione delle scorte? Abnormi per chi non ha aderito agli studi di settore. Nei bar che vi si riconoscono, i cosiddetti "congrui", i giorni di rotazione sono in media cento. Per i "non congrui", quelli che non hanno aderito agli studi di settore, i tempi si allungano a oltre 700 giorni. Lo stesso accade con i laboratori di analisi: 29 giorni contro 900. E con i panettieri: 42 giorni contro 378. Alcuni odontotecnici tengono le protesi nei cassetti più di 5 anni. Trucchi per far sì che i costi, compensando i ricavi, riducano il reddito dichiarato e quindi le tasse da pagare. Ci sono estetisti, ma non sono i soli, che dichiarano meno dei "marginali", quelli cioè che sono in una situazione di sopravvivenza. Ma il fisco ha messo il naso anche sul "valore aggiunto" per addetto, cioè sulla ricchezza prodotta da ogni dipendente. Un valore che in alcuni casi diventa negativo, cioè il dipendente invece di produrre ricchezza, la brucia. Non è un reato, può accadere, ma diventa sospetto se si moltiplica. Tutte "stranezze" che saranno corrette con l´introduzione di nuovi indicatori, che mostrano le irrazionalità tra le poste dei contribuenti. Per questo è montata la protesta delle categorie. Ma la moltiplicazione dei pani e dei pesci, al momento, sembra riuscita solo a Gesù e sulla tavola, non in magazzino.

lunedì 11 giugno 2007

Evviva gli insegnanti, abbasso gli psicologi

La Stampa, 9 giugno 2007

Il bullo e l’aguzzina


Massimo Gramellini

Va bene mandare i professori in galera, ma non si farebbe prima a chiudere le scuole? Luoghi antiquati in cui sopravvivono esemplari come l’insegnante siciliana che ha costretto un allievo a scrivere sul quaderno per cento volte «Io sono un deficiente». Fortuna che c’è un giudice, a Palermo, e ha chiesto due mesi di carcere per l’aguzzina. Sì, chiudiamole, queste camere di tortura dove si proibisce a un povero fanciullo di dare simpaticamente del «finocchio» a un compagno, ribadendo il concetto con dovizia di particolari e di immagini. Quel talento aveva le carte in regola per sfondare in televisione e un domani in Parlamento, se solo la sadica istitutrice non fosse intervenuta a ingabbiarne la creatività dentro un castigo umiliante. E nel caso in cui il «finocchio» si fosse poi fatto del male, come in un’altra scuola qualche tempo fa? Che domande: sarebbe stato giusto accusare la prof di non aver saputo prevenire la tragedia.
Scuole con professoresse simili non si possono tenere aperte un giorno di più. Di bizzarria in bizzarria, sono arrivate a costringere un giovanotto vivace e appena un po’ razzista ad autoinsultarsi per iscritto. Vogliono il ripristino delle punizioni corporali? Bene hanno fatto i genitori della vittima a risponderle per le rime. «Nostro figlio sarà un deficiente ma lei è una c...» E benissimo ha fatto il pubblico ministero che ha incriminato l’insegnante a non ritenere punibile la parolaccia di mamma e papà, considerandone l’alto valore educativo. Datemi retta: è meglio chiuderle, queste scuole. Soprattutto perché quel ragazzino fa la seconda media e ha scritto per cento volte «Io sono un deficente» senza la i.



La Stampa, 11 giugno 2007

Io, insegnante rivoglio la mia dignità

Sono arrabbiata, molto arrabbiata, arrabbiatissima. Sono un’insegnante che da 30 anni fa questo lavoro, in prima linea tutti i giorni contro l’ignoranza, la maleducazione e le prevaricazioni. Rivoglio la mia dignità, il rispetto per me, la mia cultura, il mio impegno, la mia fatica. Non chiedo aumenti di stipendio né ho rivendicazioni economiche. Rivoglio la mia dignità. Una collega rischia 2 mesi di carcere e 25 mila euro di ammenda per una punizione ritenuta non consona. E chi ha rigato con scritte indecenti la mia macchina, cosa rischia? E i ragazzi che all’uscita di scuola tirano uova e farina e inneggiano alla distruzione dell’Istituto con slogan fascisti, cosa rischiano? E gli alunni che vengono a scuola un giorno sì e tre no, sovente in ritardo, che dileggiano i compagni più deboli, che non accettano rimproveri, che cosa rischiano? Verranno agli esami impreparati come non mai, con una pseudoricerca scaricata da Internet neppure rielaborata, faranno scena pressoché muta, e dovranno, dico dovranno, essere promossi. Perché? Perché ci sono i genitori, il Tar, gli psicologi, i media, il disagio, la società, e chi altro? Ma perché io ho un registro? Perché devo interrogare, correggere i compiti e valutare? Perché sono obbligata a fare gli esami, questa ignobile farsa? Non voglio fare di ogni erba un fascio: ho conosciuto tanti bravi ragazzi, che ho amato e che mi hanno amato, ho avuto dimostrazioni di affetto enormi. Ma ora rivoglio la mia dignità. La reclamo per me e per tutti quelli che, come me, finiscono l’anno scolastico con le lacrime agli occhi e non per la commozione.
GIOVANNA GRADI



Non so voi, ma io sto dalla parte degli insegnanti.

giovedì 24 maggio 2007

Il governo dei quaquaraquà

da La Stampa del 24 maggio 2007

Che anno è?

Massimo Gramellini



«Nel Rapporto 2006, l’Istat ha scattato una fotografia impietosa sullo stato del Paese», annota amaramente l’ex ministro Calderoli. Impossibile non allinearsi alla sua lettura dei dati statistici: impietosa, impietosissima. «Aumentano i poveri, le tasse, la spesa pubblica, rincarano le bollette, il Mezzogiorno è in crisi». E il senatore del Mezzogiorno in crisi Schifani? Bisogna riconoscerlo: non è meno impietoso. «Dall’Istat arriva il bilancio impietoso di un anno di governo. Ognuno dovrebbe assumersi le proprie responsabilità». Bravo. Quasi quanto il leghista Cota: «I dati confermano in modo chiaro e inequivocabile come la politica del governo in tema di immigrazione e sicurezza sia fallimentare». Un giudizio chiaro e inequivocabile. Starei quasi per dire impietoso, se non fosse che Leone di Forza Italia ha scovato un aggettivo migliore: «La fotografia scattata dall’Istat è a dir poco allarmante». E a dir tanto? «Realistica e cruda». Poveri noi. E vi risparmio Alemanno, La Russa, Volontè. Uno più impietoso e allarmato dell’altro. Ma tenerissimi in confronto al «de profundis» intonato dall’onorevole Bertolini: «Il Rapporto 2006 dice che siamo ultimi in Europa per crescita, debito pubblico, lavoro femminile e precariato giovanile».
Le dichiarazioni dei parlamentari del centrodestra sono la risposta migliore al dibattito sulla crisi della politica. Questa è gente che studia con attenzione i documenti prima di parlare e soprattutto sa criticare se stessa, dando prova di straordinaria onestà intellettuale. Infatti il Rapporto 2006 si riferisce all’anno precedente. Il 2005. Quando l’Italia era ancora governata da loro.

giovedì 17 maggio 2007

A mio figlio di una settimana regalerò un mitra

da La Repubblica del 17 maggio 2007

Baby Bubba ha dieci mesi, non sa camminare, ma per la legge Usa ha il diritto di portare un´arma. Il racconto incredibile è del papà, Howard Ludwig, editorialista del Chicago Sun-Times: il piccolo Howard David, detto Bubba, ha ottenuto il porto d´armi dopo che il genitore aveva fatto richiesta e pagato 5 dollari. All´origine di tutto il nonno, appassionato tiratore, che ha voluto donare una Beretta 686 al bimbo subito dopo la nascita. Ludwig padre ha voluto regolarizzarne il possesso, e ha scoperto che bastava una sua firma per autorizzare la concessione al bambino. Nel documento, il bimbo esibisce un sorriso senza denti: sono riportati il peso (nove chili), l´altezza (67 centimetri) e soprattutto la data di nascita. Ma il piccolo Bubba non diventerà l´ennesimo sparatore folle al college: secondo papà Howard, il porto d´armi resta solo una deliziosa aggiunta al suo album di foto.

martedì 24 aprile 2007

Imparare ad ascoltare

Sono passati ventiquattro secoli da quando un filosofo stoico disse che gli dei ci avevano dato due orecchie e una sola bocca per ascoltare di più e parlare di meno.

Massimo Gramellini, La Stampa, 24 aprile 2007

venerdì 20 aprile 2007

La violenza allo Stato

Il folle coreano che in Virginia ha dato vita a "Columbine atto II", i tre fetenti di Torino che hanno preso a pistolettate un fioraio per una banale lite di "precedenza statale", episodi che, come sempre accade di fronte alle tragedie, portano alla ribalta un annoso problema: giusto dare ai cittadini la possibilità di detenere un'arma? Bush dice che mai censurerà il secondo emendamento: gli americani hanno il diritto di avere armi per difendersi. "Il coreano sparatore ha violato la legge: è vietato portare le armi nei campus universitari". Io mi chiedo: ma quest'uomo ci è o ci fa? Qualcuno può dire che c'è talmente tanta delinquenza in giro che è giusto tenere un'arma in casa, per difendersi, solo in casa: ma chi impedirà a "onesti" malintenzionati di portare quest'arma anche fuori casa. Se l'arma non c'è non può essere usata fuori casa e neanche in casa, per ammazzare moglie, marito e figli perché il pinguino si è rotto e il caldo ci ha dato alla testa. Tanto, quale vantaggio ci può dare la pistola in casa se anche il malvivente che ci viene a derubare l'avrà comprata al supermercato per "difendersi in casa sua". Io sparo, lui spara: nella migliore delle ipotesi io miro meglio di lui e lo faccio secco mentre la sua pallottola mi sfiora. Ma è solola migliore delle ipotesi: infatti nel 90% dei casi, l'onesto cittadino che tiene l'arma in casa per difendersi, la saprà a mala pena maneggiare: insomma, senza pistola, il ladro ti entra in casa, ti tira uno sganassone e si prende i gioielli di famiglia; davanti alla pistola, il ladro ti spara con la sua e poi si prende comunque i gioielli di famiglia. Beh, che guadagno ci sarebbe allora a tenere una pistola in casa? Le armi allo Stato, ogni filosofo politico, che fosse liberale o illiberale, è sempre stato d'accordo su questo punto: lo Stato deve avere il monopolio della violenza. Solo così si riduce il sangue versato.

martedì 27 marzo 2007

Clemente e i trans



La Stampa, martedì 27 marzo 2007

Massimo Gramellini


Il ministro Mastella ha negato di essere lui il politico coinvolto in una storia di bagordi da yacht, ultima esalazione della fogna a cielo aperto di Vallettopoli. Reazione sacrosanta, non fosse che il pettegolezzo riportato dai giornali alludeva a un «big del centrodestra». Ora, qualche sfrontato oserà contestare che Clementone nostro sia un big. Ma nessuno può mettere seriamente in dubbio che governi col centrosinistra, mica con quegli altri. Nessuno tranne lui, che ha sentito il bisogno di smentire qualcosa che in teoria si smentiva benissimo da sé.
La politica italiana assomiglia oramai a un trans, se persino un navigatore di lungo corso come Mastella, quando viene colto di sorpresa, fa fatica a ricordarsi da che parte ha girato la vela. Ma va capito: in ogni altra democrazia del pianeta quelli che la pensano come lui siedono sui banchi dei conservatori, dove lo stesso Mastella prese posto nel 1994, auto-assegnandosi la missione storica di «Moro del centrodestra». Poi è successo qualcosa, o meglio ha continuato a non succedere l'unica cosa che i democristiani di ogni seggiola e grado si augurano vanamente da tempo: un giro del mondo in ottanta secoli che tenga impegnato per un po’ l’ometto tenace che ha succhiato loro l'anima e i voti, Silvio B. Venuta meno l’unica ragione per cui stanno di là, i Mastella, i Di Pietro e i Marini tornerebbero immediatamente di qua. Il centrosinistra si ritroverebbe senza centro, ma se non altro tutti avrebbero le idee più chiare.

giovedì 22 marzo 2007

Non trattiamo coi terroristi

Daniele Mastrogiacomo è tornato in Italia sano e salvo. La notizia gratifica il nostro desiderio di giustizia e appaga la nostra umanità, bramosa di un mondo i cui la morte vive da estranea. Caro Daniele gioiamo insieme a te ed alla tua famiglia, davvero, siamo sinceri.
Eppure la vicenda che ha visto protagonista Mastrogiacomo stende l'ennesimo velo pietoso sulla maniera tutta italiana di stare al mondo. Sì, perché per liberare Daniele sono stati liberati dei criminali Talebani. Dico criminali perché, anche se qualche onorevole italiano ci invita a riflettere sulle loro ragioni, serebbe un buon esercizio intellettuale ricordare che i Talebani hanno instaurato una dittatura religiosa basata sulla privazione della libertà, sulla violenza, sulla cancellazione di ogni diritto civile. Il terrorista talebano non è il terrorista iracheno. Anche se i fautori della guerra al terrore cercano di farne un unico fascio. Il primo è un estremista religioso (poco importa che sia mussulmano, fosse cristiano sarebbe lo stesso), il secondo è uno che si ritrova con un esercito invasore in casa propria: è più facile che sia uno al quale un soldato occidentale ha fatto saltare per aria la casa, o al quale hanno stuprato la sorella, piuttosto che uno amico di Saddam Hussein e in cerca della restaurazione dei suoi diritti di affiliato alla vecchia dittatura Baath.
Insomma cinque terroristi sono stati liberati, cinque terroristi pronti a fare da bomba umana o ad addestrarne altri 500. Costoro cosa faranno: non sono una minaccia per i contingenti occidentali in loco o per altri giornalisti?
Qualcuno propone di vietare ai giornalisti di andarsi a ficcare nei casini nelle zone di guerra: sbagliato anche questo. Se il Vietnam è finito è proprio grazie ai giornalisti che hanno messo a repentaglio la propria vita per raccontare al mondo l'inferno indocinese.
"Ma se si fanno rapire poi ci tocca liberare altri Talebani" è la principale obiezione ai giornalisti al fronte. Bene, per una volta la politica estera statunitense mi trova d'accordo: non si tratta coi terroristi. Se i malviventi di tutto il mondo sanno che gli italiani sono disposti a scendere a patti, ciò determina il moltiplicarsi dei rapimenti. Cosa siamo: il bancomat del terrorismo internazionale? Se mettiamo bene in chiaro che non si tratta coi terroristi, i rapimenti non potranno che cessare. Continueranno a sparare sui nostri soldati, ma non avranno più motivo per rapire i nostri giornalisti, i nostri tecnici petroliferi, i nostri operatori umanitari.

Follia pura


Da La Repubblica del 22 marzo 2007


Un magistrato ha negato il divorzio rapido a una donna maltrattata. Motivazione: il Corano prevede le punizioni corporali. "Islamico? Può picchiare la moglie". Sentenza choc in Germania, rimossa la giudice. Ma è bufera politica. Dalla Cdu: "Assurdo riferirsi a concetti culturali estranei al nostro diritto e ai nostri valori democratici"

ANDREA TARQUINI

BERLINO - Se un marito musulmano picchia la moglie non è punibile, perché la punizione corporale delle mogli è concessa dal Corano. Con questa incredibile motivazione una giudice di Francoforte ha negato il divorzio immediato chiesto da una donna di origine marocchina. Su istanza dell´avvocato difensore della donna, la giudice è stata immediatamente ricusata e la magistratura ha riaperto il caso. Ma quel verdetto che subordina il diritto di una democrazia europea all´integralismo è lo scandalo del giorno.

La vittima del marito violento è una signora ventiseienne, di origine marocchina. Da anni veniva picchiata selvaggiamente dal marito. Era allora scappata di casa, aveva trovato rifugio presso amici tedeschi e aiuto da organizzazioni femminili. L´uomo l´ha minacciata più volte di morte. La donna si è allora rivolta alla giustizia tedesca e ha chiesto il divorzio immediato, con l´estrema urgenza prevista dalla legge per i casi gravi. Il giudice, di cui in rispetto delle leggi di difesa della privacy si conoscono solo nome di battesimo e iniziale del cognome, Krista D., ha espresso un verdetto negativo. La motivazione: secondo le sure del Corano, la punizione corporale della consorte da parte del marito è un comportamento legittimo. Non ci sarebbero stati quindi gli estremi per un divorzio-lampo: con freddo cinismo, la magistrato ha consigliato alla 26enne di tentare la normale via legale per il divorzio, che prevede i tempi lunghi di un minimo di un anno di separazione.

L´avvocato ha sporto un´istanza di ricusazione, e ha avuto soddisfazione immediata. Ma il mondo politico è scosso, attraverso gli schieramenti. Christa Stolle, leader di Terre des femmes, parla di sentenza incredibile. La Grande Coalizione di Angela Merkel è con lei. «E´ una sentenza tragica», dice il democristiano Wolfgang Bosbach, «è assurdo riferirsi a concetti culturali estranei al nostro diritto e ai nostri valori democratici». Alza il tiro il socialdemocratico Dieter Wiefelsputz: «Non basta la ricusazione, la magistratura deve decidersi a sanzioni disciplinari contro il magistrato».