lunedì 14 settembre 2009

Riccardo Barenghi - Quella rete che spaventa il premier - La Stampa 14 settembre 2009



Il problema a questo punto è piuttosto chiaro: non è Ballarò, non è Vespa o Floris, non è un giornale «sovversivo» che fa domande, non sono le inchieste o le interviste o i commenti della stampa e della televisione che danno fastidio al nostro premier, e che lui spesso e volentieri taccia di calunnia. Il problema è molto più profondo: Berlusconi appare allergico a qualsiasi mezzo e messaggio di comunicazione che non sia allineato con la sua realtà. Che poi sarebbe il suo governo, la sua «politica del fare», le cose che sostiene lui presentandole come verità assolute. Il caso esploso ieri, ossia lo spostamento del programma di Giovanni Floris (non certo un programma estremista) per lasciare spazio a un’edizione speciale di Porta a Porta che documenti la consegna delle prime case ai terremotati d’Abruzzo, ovviamente da parte del premier, è solo l’ultimo di una serie infinita di pressioni, querele, avvertimenti che in queste ultime settimane si sono talmente moltiplicati da far sorgere in una parte dell’opinione pubblica il timore che in Italia sia a rischio addirittura la libertà di stampa. Fesserie, hanno risposto in coro tutti gli esponenti del governo e della maggioranza, in Italia non c’è alcun rischio per l’informazione.
Se così fosse, e noi saremmo felici di crederci, qualcuno ci dovrebbe spiegare perché il capo del governo decide di querelare Repubblica e l’Unità (una mossa che suona come un avvertimento anche per tutti gli altri. Perché i programmi non allineati non riescono a cominciare, chi non viene garantito nella tutela legale (Report di Milena Gabanelli), chi non ottiene la squadra di tecnici storicamente dedicata (AnnoZero di Michele Santoro), chi non sa che fine farà (Parla con me di Serena Dandini e Che tempo che fa di Fabio Fazio). E infine perché viene improvvisamente cancellata la prima puntata di Ballarò per lasciare spazio a una sorta di celebrazione agiografica del premier che ricorda i cinegiornali di un’epoca remota.
Attenzione, qui nessuno pensa (almeno non noi) che alle porte ci sia un nuovo fascismo, tuttavia la sensazione che l’informazione sia sotto pressione è netta. Una sensazione, anzi ormai un’evidenza, che preoccupa eccome. Tanto più quando è ormai chiaro che la maggioranza politica che ha stravinto le elezioni non è più una falange macedone, unita e coesa, forte e determinata, che quindi non ha nulla da temere. L’impressione invece è che ci troviamo di fronte un governo forte sulla carta ma con una coalizione che va avanti in uno stato di permanente fibrillazione. Con un premier sempre più nervoso e preoccupato, che non tollera critiche e distinguo. E allora viene quasi da rimpiangere quel Berlusconi sicuro di sé, che non aveva paura di niente: tantomeno di qualche programma televisivo.

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