
"Ho visto cose che voi umani non potete immaginare". Fino al 9 agosto 2009 ho creduto che la cosa più imbarazzante che potesse capitare ad una persona fosse fare scena muta ad un colloquio, fare una battuta e rendersi conto che nessuno ride, o peggio, rimanere nudo in pubblico. Poi per mia fortuna, o sfortuna, il suddetto giorno mi sono recato nel fossato dei bastioni di Otranto a vedere "Ottocento, opera popolare. Il martirio di Otranto".
L'opera, tratta dal libro "L'ora di tutti" di Maria Corti, narra in chiave romanzata un terribile fatto storico del quale la popolazione di Otranto è stata sfortunata protagonista nel 1480. Maometto II ha deciso di conquistare la città, re Ferrante d'Aragona e l'arcivescovo Francesco De Arenis abbandonano Otranto al proprio destino. Dopo un breve assedio di 14 giorni gli otrantini capitolano. I sopravvissuti avrebbero salva la vita se si convertono all'islam, ma rifiutano. Ecco dunque gli 800 martiri di Otranto.
Le premesse
- il nome di Franco Battiato domina incontrastato, a garanzia di qualità, sui manifesti sparsi ovunque quale supervisore artistico dell'evento;- la location è assolutamente affascinante. Quale scenografia migliore delle mura di Otranto per ascoltare rapiti una storia avvenuta proprio lì 530 anni prima?
- il prezzo del biglietto. Sembra una banalità, ma nella società del capitalismo anche questo è un modo di valutare la bontà di una merce. 25 euro in tribuna, 40 in platea.
Il risultato
La scenografia è spettacolare. Appena trovato posto sulla tribuna si rimane rapiti dalla location: le alte mura sulla destra, il chilometrico palco con scale e salti completamente bianco, l'orchestra che si prepara giù in basso. Sarà sicuramente una gran serata.
Il primo allarme è l'opuscoletto che viene distribuito all'entrata. A memoria, non l'ho sotto mano, devo averlo cestinato da tempo, una ventina di pagine che spiegano la nascita dell'opera, raccontano la storia, illustrano gli atti e ci presentano i protagonisti davanti e dietro le quinte con toni entusiasmanti.
Se non ricordo male il primo refuso è nel titolo, seguito da almeno 5-10 nelle prime due pagine. La prima cosa che viene in mente è il "pressapochismo" di un'organizzazione che ti chiede 25-40 euro ma non trova il tempo, o non ha la capacità, di leggere con attenzione la presentazione del proprio spettacolo.
Comincia l'evento ed è grandioso. Sul palco ci sono almeno 100 persone che camminano e ballano. Si muovono in ogni direzione percorrendo i 50 per 100 metri di palco nella loro completezza. Questa è la Otranto del 1480, una città pulsante dove i pescatori pescano, i preti sfilano in processione, i bambini corrono, le donne rammendano le reti, le guardie controllano.
Poi cominciano a cantare. Tralasciamo qualche inevitabile "stecca", si sa, l'emozione, ma chi ha scritto i testi? Li han buttati giù in una sera con una birra in mezzo al tavolo del pub? Sono imbarazzanti. E la storia? Una telenovela di pescatori e mogli nella quale il fatto storico arriva duro come una sciabolata solo alla fine dell'interminabile noia.
Il massimo, o minimo, si è toccato quando il capitano Zurlo (l'unico spagnolo rimasto a combattere per difendere Otranto) incontra il re in un flashback. Il re canta come Pavarotti, Zurlo come Ramazzotti.
Capisco che Battiato, o il regista Fredy Franzutti, abbiano volutamente osato mescolando fra loro diverse tipologie e diversi stili dello spettacolo, mettendo insieme musica pop e lirica, danza moderna con danza classica. Ma il risultato non è stato un melting pot, si è rivelato una zuppa.
Altro momento esaltante l'arrivo dei turchi. Circa 50 culturisti scendono dalle scale in branco privi di ogni nozione di recitazione. Comprendo la difficoltà di trovare 50 comparse che a petto nudo facciano concorrenza a Mister Universo e sappiano stare su un palco, ma un po' di prove le hanno fatte? Il regista c'era?
Il limite della regia, o forse della recitazione, si fa palpabile nella scena in cui, i turchi in città, la protagonista Idrusa si toglie la vita per sfuggire ad uno stupro. Ho chiesto a chi era con me. Nessuno aveva capito si trattasse di uno stupro (un evento che richiede una certa drammaticità per essere rappresentato). L'avevo capito solo io che avevo letto il succitato libretto prima che cominciasse la rappresentazione.
Il gran finale
Qui ci ricolleghiamo all'incipit di questo post. Un attimo di sconcerto e il pubblico capisce che l'opera è finita. Mentre le comparse fanno il loro ingresso per prendere i primi applausi parte della tribuna si sta già dando alla fuga. Gli ingressi sono almeno sei, forse sette. Entrano le comparse e si fermano, i coprotagonisti e rimangono lì, i protagonisti etc. Ogni volta, mentre la tribuna e la platea sono sempre più vuote, un applausino soffocato cerca di venir fuori. Quando compare anche il regista sono ormai rimasti solo i fischi. Sull'immenso palco c'erano "100" persone e applaudivano solo quattro gatti, mentre tra le persone che uscivano si sentivano commenti iracondi di chi, attratto dal nome di Battiato, aveva percorso anche 200 chilometri (da Bari) per venire a buttare 40 euro (a testa) in quel di Otranto. Io ero imbarazzato per gli attori sul palco.
Cosa salvo
I balletti e le proiezioni sui bastioni (affascinanti opere di Nino della Notte).
Quando percorrendo il budello di Otranto ho letto la targa "Piazzetta Capitano Zurlo" sapevo chi fosse.
Cosa non salvo
Tutto il resto. Uscendo si ha la sensazione di essere stati derubati. E Battiato ha davvero partecipato alla creazione dell'opera? L'ha vista la prova generale? Non posso credere abbia messo il suo nome su questa cosa a cuor leggero.
Nessun commento:
Posta un commento