
Mercoledì scorso ho avuto la fortuna di visitare il Museo Diffuso della Resistenza di Torino. Il giorno successivo sei soldati italiani sono saltati per aria.
Con grande sconcerto mi sono accorto che i notiziari del Ventennio dell'Istituto Luce, visti e ascoltati durante la visita, assomigliano in modo disarmante ai tg che in questi giorni hanno parlato di Kabul.
Non è questione di paese governato dal Pdl pseudo fascista perché il paese governato dal Pd pseudo democristiano avrebbe fatto uguale.
Eppure il ministro La Russa che mi parla del supertank Lince, orgoglio della tecnologia italiana che ha salvato i soldati sopravvissuti, e che presto verrà sostituito dall'ancora superiore Freccia, è tanto identico allo speaker della propaganda di 80 anni fa che, sulle immagini di operai Fiat al lavoro per costruire i carri armati dell'impero, esaltava lo sforzo militarista italiano.
Sono cinque giorni che non si parla d'altro se non dei caduti di Kabul. Oggi la radio ha stravolto i propri palinsesti perché nel giorno dei funerali non può scappare una risata. Presto ne faremo degli eroi.
Ma questa non era una Repubblica fondata sul lavoro? Il lavoro ne ammazza in Italia quotidianamente. Insomma, per la Costituzione dovremmo fare un funerale di Stato dietro l'altro per i manovali morti nei cantieri e per gli operai schiacciati sotto le presse. Invece si celebrano solo i soldati, incostituzionalmente, visto che questa Nazione ripudia la guerra (Art. 11 - L'Italia ripudia la guerra...).
Mi si potrà dire che UN operaio che muore non tocca i cuori come SEI soldati che muoiono. A Torino abbiamo avuto la tragedia della Thyssen. Se non ricordo male sono morti SETTE operai. Eppure questo numero è valso "solo" un lutto cittadino. Lo Stato non ci ha badato.
Dispiace, e molto, per i caduti di Kabul. Queste parole non vogliono essere una mancanza di rispetto per la loro morte e per i loro famigliari. Erano lavoratori morti sul posto di lavoro, quello del soldato. Queste parole vogliono denunciare questo pseudonazionalismo da operetta che alla fine sappiamo dove porta: all'invasione di un paese sfigato come la Libia e all'occupazione, per fortuna, del territorio nazionale da parte di americani ed inglesi.
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