Non conoscevo questo personaggio, ma da oggi posso affermare che ha un tifoso in più. Si tratta di Don Gallo, "sacerdote di strada" che probabilmente molti già apprezzano, l'esistenza del quale mi è saltata agli occhi attraverso un articolo pubblicato su La Stampa di oggi.
Si parla di aborti clandestini, del caso del medico suicida a Genova, e naturalmente la Chiesa di Roma reagisce col suo solito fare: «Ciò che è accaduto è la conseguenza di una mentalità abortista senza confini, che non accetta nemmeno i limiti della legge» dice da Roma monsignor Giuseppe Betori. «Mi fa molto male - prosegue Betori - leggere editoriali che attribuiscono le responsabilità alle posizioni anti-abortiste e all’obiezione di coscienza».
Questo inquisitore moderno propone addirittura il ritorno alla ruote degli esposti, perché è meglio riempire le strade, ma soprattutto gli orfanotrofi cattolici, di "figli di mignotta", dal latino mater ignota, piuttosto che raschiare via qualche cellula senza anima (atto affrontato dalla maggior parte delle donne come un grande dramma, e non come la deglutizione di un digestivo come pensa il chierico qui sopra).
A Roma risponde dunque Don Gallo: il prete fondatore della Comunità di San Benedetto al Porto, gli risponde a muso duro: «La Chiesa è responsabile della non educazione sessuale. Buttiamo via pregiudizi e ipocrisie e chiediamoci: chi l’ha creato questo clima?».
Da oltre 40 anni don Gallo passa le notti accanto agli ultimi. «Ero per strada prima della 194 e dopo. Conosco molto bene il problema e dico che bisogna tener conto della realtà in cui viviamo. Certo c’è il materialismo, l’edonismo umano, ma stiamo attenti perché ci sono anche tante tragedie dietro la scelta di interrompere una gravidanza». Come quelle delle prostitute che lui stesso ha accompagnato ad abortire.
Don Andrea Gallo rifiuta la parola aborto perché «le sono stati dati connotati troppo dispregiativi: l’ultimo documento della congregazione della famiglia parla addirittura di omicidio e di assassinio, partendo dal principio, ancora scientificamente non assodato, che si è persona dal momento del concepimento. Ecco perché da anni, con il mio direttore spirituale di cui non posso fare il nome, io parlo di ’’maternità indesiderate’’».
«Nessuno - prosegue Don Gallo - può impedire alla Chiesa di affermare i suoi principi ma non per questo la Chiesa deve agire come un carro armato». «Sembra che al di fuori dell’etica cattolica non possa esistere alcuna etica, questo non può reggere. Io cerco sempre di proporre la nostra morale, quella della Chiesa, ma sempre nel rispetto di tutti. Come prete cattolico ascolto. Nella nostra Santa Madre Chiesa, che io amo perché è la mia casa, e non me ne andrò finché non mi cacceranno, il principio della libertà personale è una cosa certa. Chi dice il contrario è eretico. E ricordiamoci che al centro di tutto rimane il principio dell’autodeterminazione della donna». Quanto ai medici obiettori, «non sono medici completi, non danno al paziente una risposta completa. Io capisco il dramma del dottor Rossi. Si è trovato di fronte a situazioni molto difficili».
Don Gallo mi ha colpito molto quando accusa la Chiesa romana di cercare di imporre la propria etica come unica etica possibile, opponendo a questo atteggiamento la sua più civile "proposta" di una visione cristiana del mondo. Anzi, contrariamente a quanto sostenuto dai Torquemada di ogni epoca storica, Don Gallo accusa di eresia proprio questi "impositori", questi figuri convinti di essere portatori, senza ombra di dubbio, della verità universale. Penso proprio che Cristo in questo momento non sarebbe seduto su uno scranno romano a sputare sentenze sulle disgrazie altrui, ma sarebbe in strada, tra i vicoli più puzzolenti e malfamati del porto vecchio di Genova, al fianco di una prostituta che ha bisogno di conforto per affrontare una scelta durissima, al fianco di una ragazza che è stata stuprata e che ora porta in grembo lo sporco di quella violenza che le ha cambiato l'esistenza, vicino a una giovane donna, che guadagna 400 euro al mese con piccoli lavori, che non potrebbe donare nulla a suo figlio, se non una vita di freddo, angoscia, disperazione.
Insomma, Don Gallo è l'ennesima dimostrazione che non si deve mai fare di tutta l'erba un fascio, e io sto con lui, perché possa far trionfare la comprensione contro i muri dell'intolleranza.
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