lunedì 11 giugno 2007

Evviva gli insegnanti, abbasso gli psicologi

La Stampa, 9 giugno 2007

Il bullo e l’aguzzina


Massimo Gramellini

Va bene mandare i professori in galera, ma non si farebbe prima a chiudere le scuole? Luoghi antiquati in cui sopravvivono esemplari come l’insegnante siciliana che ha costretto un allievo a scrivere sul quaderno per cento volte «Io sono un deficiente». Fortuna che c’è un giudice, a Palermo, e ha chiesto due mesi di carcere per l’aguzzina. Sì, chiudiamole, queste camere di tortura dove si proibisce a un povero fanciullo di dare simpaticamente del «finocchio» a un compagno, ribadendo il concetto con dovizia di particolari e di immagini. Quel talento aveva le carte in regola per sfondare in televisione e un domani in Parlamento, se solo la sadica istitutrice non fosse intervenuta a ingabbiarne la creatività dentro un castigo umiliante. E nel caso in cui il «finocchio» si fosse poi fatto del male, come in un’altra scuola qualche tempo fa? Che domande: sarebbe stato giusto accusare la prof di non aver saputo prevenire la tragedia.
Scuole con professoresse simili non si possono tenere aperte un giorno di più. Di bizzarria in bizzarria, sono arrivate a costringere un giovanotto vivace e appena un po’ razzista ad autoinsultarsi per iscritto. Vogliono il ripristino delle punizioni corporali? Bene hanno fatto i genitori della vittima a risponderle per le rime. «Nostro figlio sarà un deficiente ma lei è una c...» E benissimo ha fatto il pubblico ministero che ha incriminato l’insegnante a non ritenere punibile la parolaccia di mamma e papà, considerandone l’alto valore educativo. Datemi retta: è meglio chiuderle, queste scuole. Soprattutto perché quel ragazzino fa la seconda media e ha scritto per cento volte «Io sono un deficente» senza la i.



La Stampa, 11 giugno 2007

Io, insegnante rivoglio la mia dignità

Sono arrabbiata, molto arrabbiata, arrabbiatissima. Sono un’insegnante che da 30 anni fa questo lavoro, in prima linea tutti i giorni contro l’ignoranza, la maleducazione e le prevaricazioni. Rivoglio la mia dignità, il rispetto per me, la mia cultura, il mio impegno, la mia fatica. Non chiedo aumenti di stipendio né ho rivendicazioni economiche. Rivoglio la mia dignità. Una collega rischia 2 mesi di carcere e 25 mila euro di ammenda per una punizione ritenuta non consona. E chi ha rigato con scritte indecenti la mia macchina, cosa rischia? E i ragazzi che all’uscita di scuola tirano uova e farina e inneggiano alla distruzione dell’Istituto con slogan fascisti, cosa rischiano? E gli alunni che vengono a scuola un giorno sì e tre no, sovente in ritardo, che dileggiano i compagni più deboli, che non accettano rimproveri, che cosa rischiano? Verranno agli esami impreparati come non mai, con una pseudoricerca scaricata da Internet neppure rielaborata, faranno scena pressoché muta, e dovranno, dico dovranno, essere promossi. Perché? Perché ci sono i genitori, il Tar, gli psicologi, i media, il disagio, la società, e chi altro? Ma perché io ho un registro? Perché devo interrogare, correggere i compiti e valutare? Perché sono obbligata a fare gli esami, questa ignobile farsa? Non voglio fare di ogni erba un fascio: ho conosciuto tanti bravi ragazzi, che ho amato e che mi hanno amato, ho avuto dimostrazioni di affetto enormi. Ma ora rivoglio la mia dignità. La reclamo per me e per tutti quelli che, come me, finiscono l’anno scolastico con le lacrime agli occhi e non per la commozione.
GIOVANNA GRADI



Non so voi, ma io sto dalla parte degli insegnanti.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Salve Prof !!!!!!!!!!!!!!!! Sono Sophia della 2B, grande discorso continui così è la nostra prof preferita...